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Le recensioni di Bruno Elpis

Le colpe dei padri di Alessandro Perissinotto (qlibri)

coverLa sindrome del doppio 

Secondo una credenza popolare, ciascuno di noi ha sette sosia in questo mondo. Premesso che io non ho ancora conosciuto neanche uno dei miei (buon per loro! E voi?), il protagonista del romanzo di Alessandro Perissinotto – in lizza con altri quattro finalisti per il premio Strega 2013 – viene invece a conoscenza dell’esistenza di uno dei suoi (sosia) in modo del tutto casuale. Da quel momento qualcosa in lui si spezza (“Fu quella la prima volta in cui concepì l’ipotesi di avere un fratello. Di più, un gemello. Ancora di più: un gemello separato dalla nascita”).
Le colpe dei padri” è un romanzo che ha il pregio di combinare la dimensione psicologica del personaggio principale con l’analisi socio-storica della Torino che non è soltanto quella della Fiat e del suo indotto, ma anche - in senso artistico - la città di Pavese e di Natalia Ginzburg.

L’analisi psicologica del personaggio principale viene condotta attraverso lo studio della sindrome del doppio che si scatena in Guido Marchisio  quando apprende di avere in  Ernesto Bolle il suo sosia.
Guido è affetto dalla “fobia per le coincidenze” e, grazie alla suggestione della teoria delle sincronicità junghiane (“Le coincidenze non esistono, non per Jung almeno”), decide di identificare Ernesto, che sembra essersi dissolto nel nulla. Nell’indagine Marchisio è agevolato da particolari fisici come l’eterocromia (“Ha gli occhi di due colori diversi e un neo sotto quello destro …” ). La curiosità di conoscere il sosia presto si trasforma in un’impellenza: “Per riuscire a dormire non poteva far altro che tacitare i fantasmi rendendoli reali.”
“C’era quel desiderio, misto a paura, di scoprire un fratello e di provare un sentimento che, fino ad allora, la vita gli aveva negato”.

La storia procede incalzata dalle differenze che separano Guido ed Ernesto.
Il primo è ingegnere, di buona famiglia, realizzato socialmente e sentimentalmente, cinicamente impegnato a tagliare teste nella multinazionale della quale è dirigente. Il secondo sembra provenire dalla periferia (la Falchera) e probabilmente è figlio di due terroristi.
In questa tensione tra poli contrapposti, Guido lascia esplodere il suo dramma esistenziale, per vedere la sua personalità sgretolarsi e capire … Be’, qui è d’obbligo “un bel tacere”, per lasciare al lettore il gusto di scoprire una storia interessante e piena di risvolti.
Basti sapere che, animato dal “caso dello sdoppiamento, o meglio, della sovrapposizione, tra Ernesto e Guido”, “l’ingegner Marchisio prese a confrontarsi col suo mancato sé”.

E le colpe dei padri che danno il titolo al romanzo, quali sarebbero?
Anche qui mi taccio e lascio la parola all’autore: “E’ questa la colpa più grande di ogni padre, quella di costringere i figli a rendergli conto delle loro azioni”.
Perché “dei padri umani … siamo prigionieri: siamo liberi di compiacerli o di deluderli, ma non di plasmare le loro aspettative nei nostri confronti”.
Con Guido poi il destino era stato ancora più crudele … d’un tratto aveva scoperto un altro padre da soddisfare, da gratificare, un padre che era l’antitesi di quello che fino ad allora aveva seguito remissivamente”.

Il romanzo è una storia avvincente e vagamente pirandelliana, attraverso la quale è possibile rivivere le atmosfere culturali, industriali e post-industriali di Torino: dagli anni sessanta, passando per gli anni di piombo, sino ai drammatici giorni della crisi odierna. Le intersezioni psicologiche, socio-economiche e storiche sono fitte e, capitolo dopo capitolo, imbastiscono una vicenda personale tragica che viene enfatizzata dagli eventi degli ultimi decenni.
La tecnica narrativa è originale nella sua semplicità: è lo stesso Perissinotto che racconta, immaginando di realizzare un’intervista a Guido Marchisio e interagendo direttamente con lui. E con lo stuolo immaginario dei lettori. 

Bruno Elpis

http://www.qlibri.it/recensioni/romanzi-narrativa-italiana/discussions/review/id:34818/