Le recensioni di Bruno Elpis
Il corpo umano di Paolo Giordano (Qlibri)
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- Scritto da Bruno Elpis
Alla sua seconda prova, Paolo Giordano – dopo il successo roboante de “La solitudine dei numeri primi” – si cimenta in un romanzo per niente facile, su temi estremi come il senso della vita e del futuro per una generazione costretta a vivere in un’epoca troppo difficile; e la guerra, intesa in senso storico e personale.
Accanto alle figure del maresciallo René e del tenente Alessandro Egitto (“Esistono persone portate per l’azione, per comportarsi da protagoniste – lui è solo uno spettatore, prudente e scrupoloso: un eterno secondogenito”), impegnato in un dramma familiare (“Imparai ad accettare lo squilibrio di amore dei miei come uno svantaggio inevitabile, giusto perfino”; “… Il terremoto silenzioso … aveva spaccato in due la nostra famiglia e lasciato me al centro, come un torsolo macilento”), vi sono i ragazzi del terzo plotone della “Charlie”.
La Zampieri, unica ragazza, “guida i Lince con padronanza e un po’ di necessaria spregiudicatezza”; “nessuno la sceglie sul serio. Si fanno il suo corpo segando via la testa.”
Ietri, detto “verginella” perché non ha ancora avuto esperienze sessuali, è un ragazzone ancora alla scoperta del mondo, con un cuore grosso così.
Cederna è lo spaccone del gruppo. Comprendiamo fino in fondo la sua personalità una prima volta, quando grida tutta la sua rabbia allo psicologo incaricato di gestire lo stress post traumatico. E poi quando recita ad alta voce le sue considerazioni su “l’evoluzione della specie” (quella dei trentenni).
Mitrano è lo zimbello della compagnia: “Ha imparato a proprie spese che di Cederna non c’è da fidarsi. ? colpa sua se è diventato lo zimbello della fob … Lo sfotte in continuazione, in mensa gli ruba il cibo dal piatto, lo mastica e poi glielo rimette maciullato nel vassoio, lo chiama mongoloide e mezza sega.”
Torsu è sardo e chatta con Tersicore89; Salvatore Camporesi è risucchiato dai suoi affetti familiari …
Il lettore conosce i profili dei soldati tra episodi di nonnismo, rapporti coltivati via web o per e-mail, dopo la terribile intossicazione alimentare descritta nei suoi devastanti effetti, le fughe nel bunker e le guardie in garrita, fino alla pericolosa missione ne “la valle delle rose”.
Il luogo
E’ la base: “… poche baracche piene di fessure, alcune profonde buche nel terreno di dubbia utilità, immondizia, matasse di filo spinato e pezzi diveicoli sparpagliati ovunque, le docce imbastite con sacchi di nylon bucherellati …”
“Non c’è niente alla base ICE, soltanto povere. Polvere gialla e appiccicosa, tanto da affondarci con gli anfibi fino alle caviglie.”
La guerra
Non è soltanto quella tra le due fazioni contrapposte.
“Le canne dei fucili scintillano al sole e le due casse di munizioni mettono a più d’uno la voglia di caricare l’arma e uscire dalla base per sparare a casaccio a quanti più afghani capitino a tiro.”
“Lo sa cosa fanno i talebani ai prigionieri …? Li crocifiggono … ti massacrano con un bastone … oppure ti appendono a testa in giù finché tutto il sangue non scende nel cervello e lo fa scoppiare …”
E’ anche e soprattutto conflitto interiore: “… lui stesso non esiste più in quanto essere umano. Si è trasformato in qualcosa di astratto, un agglomerato di pura allerta, di pura reazione e di pazienza.”
Fino all’ecatombe: “La carcassa del mezzo (il Lince) che brucia ancora in alcune parti, le pecore decapitate maciullate e il primo caporalmaggiore … con il cadavere di quell’altro addosso.”
Paolo Giordano ha scritto un romanzo intenso, sicuramente meno ‘universale’ del primo, ma altrettanto interessante: destinato a muovere l’animo di chi lo penetra.
Bruno Elpis