Le recensioni di Bruno Elpis
Glenn Cooper presenta a Milano “I custodi della biblioteca”
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- Scritto da Bruno Elpis
Nella splendida cornice del Castello Sforzesco e nell’ambito della rassegna BookCity a Milano, Glenn Cooper – venerdì 16 novembre - ha presentato nella gremita Sala Sforzesca la sua ultima ‘fatica’ letteraria: “I custodi della biblioteca”.
La presentazione è avvenuta in forma dialettica: il grande scrittore americano ha risposto alle domande di Tullio Avoledo. E del pubblico.
Entra. Il mostro sacro. Di nero vestito (ma perché gli scrittori carismatici hanno adottato, tutti, questo look funereo?).
Lo applaudiamo. Lui sorride benevolo. Prende posto. Sorride ancora e ringrazia. E già non sembra più un ‘un mostro sacro’. Il potere dei grandi: apparire come uno di noi.
Ha un bel compito Tullio Avoledo. Deve presentare uno scrittore che è anche medico. E archeologo. E sceneggiatore. E ha venduto milioni di copie dei suoi romanzi.
Lo fa – presentare Glenn Cooper – forse con un eccesso di ammirazione, ma come non capirlo. Avoledo evoca il terrore che l’ha folgorato quando ha scoperto di aver scritto un libro (ndr: Le radici del cielo) ambientato nella catacombe di San Callisto, proprio come Glenn Cooper nella sua opera ambientata in Italia: “Il marchio del diavolo”.
“È il terrore di ogni scrittore. Scrivere qualcosa che qualcun altro ha già scritto. Per fortuna le catacombe sono sufficientemente grandi e hanno ospitato entrambi …”
Glenn condivide e replica con ironia: “Ho avuto un’idea per un romanzo. La resurrezione di Cristo. Se scopro che King ha scritto sullo stesso argomento, lo uccido!”
Il ghiaccio è rotto. Cooper ha parole d’affetto per l’Italia. Per Milano e il suo Castello. E per la manifestazione ospite, un festival straordinario.
La conversazione procede scandita dalle battute del grande scrittore. Che esordisce sempre con un “Well …”
Al suo fianco una gentile interprete, anche se molti convenuti – ascoltando le risposte ironiche di Cooper – ridono prima che la traduzione sia diramata.
Si parla delle tre fasi della sua vita (primo atto: medico; seconda fase: capitano d’industria; terzo tempo: scrittore). “E lo sceneggiatore? È un quarto atto?”, chiede Avoledo.
“Ho scritto sceneggiature per vent’anni, durante la seconda fase della mia vita. È stata un’esperienza molto utile…”
Con un’altra domanda l’ospite chiede allo scrittore americano come gli sia venuta la formidabile idea della ‘biblioteca dei morti’. Cooper parla di una visione scaturita dalla lettura di un articolo di giornale, sorseggiando il caffè del mattino. “L’intuizione è stata facile e immediata. È stato più complesso strutturarla…”
Gli si chiede anche quale sia la causa di un successo più marcato in Europa che negli States. Al banale “nemo profeta in patria” Cooper preferisce un’altra battuta: “Gli italiani sono più intelligenti…” E poi, più seriamente, motiva attribuendo meriti agli editori europei (e qui si complimenta con Nord) e rilevando una differenza culturale: in America i romanzi di maggior successo sono quelli che corrispondono ad un format predefinito, piuttosto che a una storia svolta su più piani temporali. E ricorda un ammiratore americano che gli disse: “Belli i suoi romanzi, mi piacciono. Ma devono necessariamente contenere tutti quei dettagli storici?”
Poi si parla della figura di Will Piper, eroe umano che cattura le simpatie con i suoi difetti.
Glenn Cooper sembra categorico nell’affermare che la trilogia è compiuta: quindi non vi sarà un quarto romanzo della saga! Tullio Avoledo interpreta il pensiero del pubblico e protesta: “Sei proprio sicuro che la storia finisca qui?”
Glenn Cooper sembra determinato e risponde alla domanda sugli amanuensi dai capelli rossi: “Non ho spiegato da dove provengano perché sono una metafora della predestinazione. Preferisco lasciare all’immaginazione dei lettori…”
Siamo giunti alle domande del pubblico. Che arrivano numerose.
Qualcuno chiede se dal romanzo verrà tratto un film. Lo scrittore manifesta perplessità per la difficoltà di trasporre in due ore una vicenda che si svolge su più piani temporali. Anche se un produttore si è già dichiarato interessato. Cooper dichiara che non vorrà occuparsi della sceneggiatura, perché ritiene di essere troppo abituato al ritmo del romanzo e la sceneggiatura implicherebbe di cambiare approccio in modo radicale.
Interviene anche una signora che viene da Solofra: scopriamo che Glenn riceverà la cittadinanza onoraria per aver sposato la causa della ricostruzione del castello di Solofra distrutto dal terremoto. Di fronte alla sua ironica dichiarazione (“Sono disponibile a diventare cittadino onorario di altri paesi…”), Tullio Avoledo ribatte: “Qualcuno dovrebbe avvisarlo che in Italia abbiamo l’IMU…”
Altre domande, altre risposte.
“Perché la scelta del 2027 per la fine del mondo?”
"Perché il 2027 è un futuro non troppo vicino. È una data che permette all’uomo di riflettere sulla sua fine e di cercare rimedi.”
“Dal 2009 ha pubblicato sei libri. Come ha fatto?”
“Lavoro molto, molte ore per sei giorni a settimana. E se la può consolare ho già ultimato il settimo, che verrà pubblicato nel gennaio dell’anno prossimo”.
Il tempo di un’ultima domanda. Poi le foto di rito. Glenn Cooper prende posto per autografare le copie del suo libro.
Quando esco dalla sala sforzesca, nel cortile del Castello è calato il buio e i proiettori diffondono una luce rossastra sulle facciate, sulle torri e sui merli.
Perché mi sembra di essere uscito dalla “Biblioteca” della trilogia di Glenn Cooper?
Bruno Elpis