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Le recensioni di Bruno Elpis

"Doc - Denominazione di origine criminale" - Il commento di Bruno Elpis

Da qualche giorno è disponibile, liberamente e gratuitamente leggibile (evviva la democrazia del web!), “D.O.C.” - Denominazione di Origine Criminale, la raccolta composta dai racconti selezionati nell’ambito delle edizioni di “Nero Doc”: iniziativa che nei mesi scorsi ha tenuto banco nell’interattivo “Nero cafè”, il luogo di ritrovo virtuale più “black” e “à la page” che il web conosca.

Come opportunamente appunta nella prefazione il maitre del locale, il Daniele Picciuti del quale ho già commentato i “Racconti del sangue e dell’acqua”, gli autori di questi racconti non sono spiriti perversi e le loro storie sono cruente soltanto nella finzione letteraria, perché il “significato di fondo  … è l’esplorazione del crimine, non certo per avallarlo quanto, al contrario, per esorcizzarlo. Perché a noi il ‘nero’ piace ma non deve essere ‘sbagliato’, né ‘falso’, bensì deve avere un valore. Dev’essere, appunto, un ‘nero’ D.O.C.

Detto fatto: l’inaugurazione della saga noir viene affidata a Mariagrazia Nemour, che vara “La barca di carta sul mare di Gaza”. Racconto assai sofferto e impegnativo, che estromette la nostra mente dall’atmosfera protettiva (!) del Nerocafé per proiettarla in uno degli angoli più tormentati del pianeta.

 

Dopo il mio racconto, Luigi Pagano trasferisce una metafora fauvista nella sofferenza di Baby: l’immagine de “Il ragno e la mosca”, chissà perché, in qualche modo richiama alla mia mente “La sfinge” di Poe. E non soltanto per affinità entomologica …

Per proseguire con animalismo noir e similitudini, i “Ratti carnivori” di Matteo Gambaro mi ricordano la terribile esperienza di Natasha Kampush, in un racconto ove l’incubo delle fiabe si mescola alle venature inconsce della sindrome di Stoccolma attraverso una modalità espositiva assolutamente naif.

Ci incanalano nelle complessità dei percorsi mentali e delle deviazioni patologiche prima Maria Grazia Domini con “Tris di sei” e poi Maria Rizzi scatenando “Una vertigine”.

Maria Grazia utilizza la cabala cifrata dei numeri per sovvertire i ruoli, mentre Maria combina demenza senile e complesso di Oreste e di Elettra per attuare una piccola tragedia greca.

Non preoccuparti” di Marco Scaldini è forse il più ‘divertente’ tra i racconti proposti. Ovvio che io stia parlando di humour rigorosamente nero. Per esortare a mia volta a diffidare di chi cerca di tranquillizzare il prossimo esclamando: “Non preoccuparti!”

Per Giulio RoffiUn colpo perfetto” può anche essere una forma di narcisismo praticato da un sicario inesorabilmente avviatosi sul ‘viale del tramonto’.

Di una perniciosa forma di reificazione ci parla invece Riccardo Montesi attraverso un operaio fondamentalmente alienato,  che dimostra di non saper adeguatamente affrontare “Il turno di notte”. Salvo poi concludere che “Non si diventa immuni allo sporco”.

Tina Caramanico, con una storia circolare come certe filastrocche della nostra infanzia (“C’era una volta un re, seduto sul sofà …”), affronta in “Svelarsi” uno dei più spinosi argomenti della storia della drammaturgia letteraria e cinematografica: il triangolo amoroso.

Giuseppe Agnoletti, sulla stessa lunghezza d’onda di Tina, disegna un altro triangolo e non certamente per applicare il teorema di Pitagora. Il “Meccanico di fiducia” infatti mette la sua arte al servizio della vendetta.

Cristian Leonardi snatura il luogo comune secondo il quale i cinesi sanno dedicarsi soltanto alle produzioni di massa a basso costo. “China limited editions” è la dimostrazione che il pericolo giallo può sorprendere anche chi è ‘in altre faccende affaccendato’, magari perché intento … a leggere le scritte sui muri.

Tanja Sartori ci sbalza in una storia d’amore che si consuma nei bassifondi neolatini. “Mi amor” lo pronunciano, ad ogni piè sospinto, un narcotrafficante e una prostituta che oscillano tra incontri intimi e agguati.

Un ermetico “Assolo con treccia”è opportunamente introdotto da un aforisma del grande Nietzsche. ‘Così parlò Zarathustra’ … ehm … così parlò Marinella Lombardi, è proprio il caso di dirlo, per regalarci l’ultima immagine di questa raccolta di racconti ad alta tensione.

Per quanto mi riguarda, il mio racconto è il secondo della sequenza. L’altalena è notoriamente, anche per Freud, un punto di accumulazione di infantilismo e rimozioni. Lì, sul seggiolino e tra le funi, ho collocato il “Piccolo mondo antico” di …

Bruno Elpis