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Le recensioni di Bruno Elpis

Cabot Wright ci riprova di James Purdy (i-libri)

coverBernie Gladhart abbandona il lavoro a Chicago per inseguire il sogno di diventare uno scrittore (“A mandarlo a Brooklyn era stata proprio sua moglie, Carrie Moore, per farsi raccontare da Cabot Wright in persona la sua storia di stupratore uscito da poco di galera, e per scrivere la verità come fosse un romanzo”), assecondando un’idea della moglie (“Carrie… era convinta che suo marito bernie avesse… un grande libro dentro se solo fosse riuscito a trovare l’argomento adatto”), il soggetto decisamente predominante nella strana coppia (“Bernie era un martire dell’appetito sessuale di Carrie… per quindici interminabili minuti moglie e marito si dimenavano vigorosamente tra le coltri”). 

L’occasione della storia da raccontare è “il caso Cabot Wright… più di trecento violenze carnali a Brooklyn e Manhattan”. Si tratta dunque di rintracciare Cabot e di farsi raccontare i suoi misfatti per confezionare un caso letterario da consegnare a un editore (“Princeton Keith è il signor Gesù Cristo Geova del momento nel mondo editoriale di new York… Princeton può fiutare un vero libro e un vero scrittore da lontano”). 

La pensa così anche Zoe (“La maggior parte dei libri vengono al mondo facendo meno rumore di un bambino nato morto”), che dialoga con l’amica Carrie (“Se lui scrive un libro che avrà successo… potrebbe non avere più bisogno di tornare da te… Ma c’è anche l’altra possibilità: che non voglia tornare indietro se non scrive il libro, ci hai pensato?”) e raggiunge anche lei New York per inseguire Cabot. 

Cabot (“Era un bastardo, preso al posto del figlio legittimo che è morto”) viene rintracciato (“Cabot Wright viveva proprio nel palazzo Mirafiume”)  ed è proprio Zoe che lo intervista (“Cabot è uno di quei tipi che non direbbero mai nulla a un altro uomo… Ma credo che con te parlerà”), dopo un incontro del tutto fortuito (“Lei precipitò nella stanza sottostante”), mentre il povero Bernie recede, afflitto dal tradito dalla moglie (“Capì che c’era qualcuno con lei nella sua – nella loro – camera da letto”). 

Cabot è ormai l’ombra di se stesso (“Cabot… portava un apparecchio acustico all’orecchi destro e Zoe ne fu delusa”) e sembra afflitto da amnesie (“Il mio guaio più grosso è che non riesco a ricordare”). È difficile inquadrare la matrice delle sue turbe (“Si valeva di una specie d’ipnotismo, dicevano tutte quante. Violentava facilmente, rapidamente”) e la natura dei reati da lui commessi (“Molte chiamavano la polizia, ma più per rendere qualcuno partecipe della propria esperienza che per sporgere denuncia”): è stato in cura da un eccentrico terapeuta (“Appeso nudo a un uncino… Che specie di terapia sarebbe?”), ha patito la pazzia della moglie Cinthya e affrontato la morte dei genitori adottivi. Ciononostante, a wall Street ha conquistato le grazie del datore di lavoro, Mr Warburton, del quale seduce la moglie Gilda, e l’amica Zenda, una diva del muto (“Vide… la sospetta protuberanza sulla sinistra dei calzoni e incredula lo sentì dire: Pronta per l’accoppiamento?... Vecchia pupa… vecchia mia”) fino a divenirne l’erede (“Ma tu sei ricco come Creso!”). 

Le pagine che vengono scritte su di lui (“Ho letto talmente tante versioni di quello che ho fatto, che posso affermare con sicurezza di non ricordare cosa ho fatto e cosa non ho fatto”) descrivono una strana forma di satiriasi (“Quella lunga e dura spada di nove pollici che… portò sul lato sinistro degli slip. Ancora ferito dalla mia stessa lama! Sempre affilata, non manca mai un colpo!”), ma non vedranno la luce… 

Questo romanzo di James Purdy è attraversato da un’ironia stralunata che si sublima nella critica feroce del puritanesimo (“Il dottor Bugleford, oltre a essere il fondatore del centro Matrimonio Unica Realtà, ha passato molti anni della sua vita a combattere l’anormalità”) e della deriva americana (“L’America, nata come una società di uomini che avevano progetti, fiducia e buon sangue nelle vene,… è finita in un caos di scrofolosa oscenità”): un mondo ove la parafilia individuale diviene quasi cosmica (“La terra intera si contraeva, si tumefaceva, s’induriva, esplodeva, si dissolveva in tanti spruzzi densi e viscosi”). 

Bruno Elpis 

http://www.i-libri.com/libri/cabot-wright-ci-riprova/