Le recensioni di Bruno Elpis
L’ospite inquietante di Umberto Galimberti (i-libri)
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- Scritto da Bruno Elpis
In relazione a un precedente articolo sul nichilismo (http://www.i-libri.com/fatti-e-libri/il-nichilismo/), ci è stato segnalato L’ospite inquietante diUmberto Galimberti come testo per approfondire l’argomento.
L’opera, come anticipato nell’introduzione, parte da una constatazione sulla condizione giovanile (“Un po’ di musica sparata nelle orecchie per cancellare tutte le parole, un po’ di droga per anestetizzare il dolore o per provare una qualche emozione…”) per dimostrare un assunto (“Il disagio non è più psicologico, ma culturale”) fondamentale per valutare i sintomi (“Il nichilismo… può segnalare che a giustificare l’esistenza non è tanto il reperimento di un senso vagheggiato più dal desiderio… che dalle nostre effettive capacità, quanto l’arte del vivere - téchne tou bìou - … che consiste nel riconoscere le proprie capacità … e nell’esplicitarle e vederle fiorire secondo misura - katà métron)” e le possibili reazioni (“Questo spostamento dalla cultura cristiana a quella greca potrebbe indurre nei giovani quella gioiosa curiosità di scoprire se stessi e trovar senso in questa scoperta…”).
Il piano dell’opera si snoda attraverso capitoli definitori (Il nichilismo e la svalutazione dei valori) e analitici (L’epoca delle passioni tristi: “In che cosa consiste questa crisi? In un cambiamento di segno del futuro: dal futuro-promessa al futuro minaccia”), ravvisando nella scuola (Il disinteresse della scuola) una concausa delle debolezze di una generazione (“Hanno smesso di dire «noi» come lo si diceva nel Sessantotto”) sempre più priva di riferimenti (“E di quella dimensione sociale che non ha più trovato dove esprimersi: né in chiesa, né a scuola, né nelle sezioni del partito, né sul posto di lavoro, è rimasto quel tratto primitivo o quel cascame che è la banda”), sempre meno educata (“Il loro fondo emotivo è stato sollecitato fin dalla più tenera età da un volume di sensazioni e impressioni eccessivo rispetto alle capacità di contenimento”) a contrastare la disgregazione:
“L’eccesso emozionale e la mancanza del raffreddamento riflessivo portano sostanzialmente a quattro possibili esiti: 1) lo stordimento dell’apparato emotivo… 2) il disinteresse per tutto… 3) il gesto violento… 4) la genialità creativa…”
La condizione che ne deriva (L’analfabetismo emotivo: “Il tutto condito da un acritico consumismo, reso possibile da una società opulenta, dove le cose sono a disposizione prima ancora che sorga quell’emozione desiderante…”) è imparentata con la “psicopatia o sociopatia” e nasconde un’insidia terribile: “Una buona educazione… confeziona per ciascuno di questi ragazzi un abito di buone maniere, di stereotipi linguistici, di controllo dei sentimenti che, come una corazza, rende questi giovani impenetrabili e scarsamente leggibili a chi sta loro intorno”. E un’altra ancora: “La sessualità, quando c’è, è tecnica corporea”.
In questo clima, congiurano forme di difesa (La pubblicizzazione dell’intimità) corroborate da trasmissioni televisive come il Grande Fratello, che – realizzando la profezia dell’esistenzialismo (“Come ci ricorda Sartre, dallo sguardo degli altri siamo irrimediabilmente oggettivati”) – mercificano la persona (“Soffia il vento del nostro tempo, che vuole la pubblicizzazione dell’intimo, perché in una società consumistica, dove le merci per essere prese in considerazione devono essere pubblicizza… esistere solo se si mettono in mostra”), snaturano il concetto di vergogna (“Vergogna viene infatti da vereor gognam”) e spalancano le porte del paradiso artificiale (La seduzione della droga): qui le sostanze psicotrope agiscono sull’asse piacere-desiderio (“Non solo nel caso della droga, ma in genere, il piacere è negativo e il desiderio è insaziabile”), realizzando un paradosso (“uno stato insaturabile che si svuota man mano che cerchiamo di riempirlo, come la giara bucata, per stare alle immagini di Platone – ndr: nel Gorgia -, o come il piviere, che… mangia e nel contempo evacua”) e una finalità dannata (“Il piacere che ne segue è cessazione di questa pena”) secondo meccanismi propri della sostanza ingerita (eroina – ecstasy: “Il sollievo della tensione muscolare e… il dissolversi delle paure” – cocaina), in una religione che si celebra nei templi (“In questi santuari … un’altra trinità… techno sound, techno-droga e techno-party”) appositamente costruiti.
Le conseguenze (“Le conseguenze distruttive di quell’energia giovanile che le nostre società efficienti e avanzate non sanno come utilizzare”) nel mutato orizzonte (“La contrapposizione fra il permesso e il proibito… tramonta per far spazio a una contrapposizione ben più lacerante che è quella tra il possibile e l’impossibile”) sono tragiche: e sono Il gesto estremo (omicida e suicida) o I ragazzi del cavalcavia e l’insensatezza nichilista (“Nascono da qui gesti senza movente…”), uno dei capitoli più agghiaccianti (“Per loro che erano sul cavalcavia, quelle macchine erano macchine vuote”) perché scava nelle motivazioni (“E allora distruggiamole… tanto non contengono niente, men che meno l’amore che dovevano surrogare”) del risultato di questa cultura: Le generazioni nichiliste (“Qui si esprime il fondamentale dato di fatto dell’umano volere, il suo horror vacui. Quel volere ha bisogno di una meta. E preferisce volere il nulla, piuttosto che non volere” - F. Nietzsche, Genealogia della morale).
Cosa c’è Oltre il nichilismo?
La musica giovanile e il ritmo del cuore (“È il ritmo del nostro respiro, il ritmo del battito del nostro cuore, il ritmo sonno e veglia, il ritmo sazietà e fame, il ritmo del coito, il ritmo che nella vita intrauterina scandisce la prima figura del tempo”) sono l’espediente simbolico (“Nell’accezione greca di syn-ballein che significa mettere assieme”) per rappresentare la vistosa risposta dell’essere umano: “In questa operazione regressiva… si rivive, nel ventre della folla, quella prima esperienza nel ventre della madre, dove il battito del proprio cuore non si distingueva dal battito del cuore materno”…
Bruno Elpis