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Le recensioni di Bruno Elpis

Il silenzio della collina di Alessandro Perissinotto (i-libri)

coverIl silenzio della collina di Alessandro Perissinotto s’ispira tanto alla quiete del paesaggio (“Tutto intorno c’era il silenzio delle colline; un silenzio pieno di rumori, di versi d’animali, di fruscii del vento tra i rami degli alberi e fatto di immobilità assoluta”), quanto all’omertà degli abitanti (“Una rimozione collettiva”) che vivono nelle zone che videro fiorire il genio letterario di Cesare Pavese e di Beppe Fenoglio e che oggi vivono la nuova fase del “marketing turistico” (“Gli inglesi nel Chianti e i tedeschi nelle Langhe, con il loro marco forte a comprare le case che quelli del posto lasciavano cadere in rovina, quelle sui bricchi, sulle vette modeste ma inaccessibili di quelle ondulazioni che, in certi angoli, si davano arie da montagna”). 

Domenico Boschis è un attore televisivo, che ha quasi rimosso dalla propria vita il padre Bartolomeo e il casale La Colombera, ove si annidano ricordi amari di quando era bambino (“Le botte a mano aperta provocano più rumore che dolore e lasciano lividi solo nell’animo”). La malattia del padre, ormai giunto nello stadio terminale nell’hospice, è l’occasione per tornare nelle Langhe e incontrare nuovamente gli amici della gioventù (“Domenico rivide se stesso, assieme a Umberto, in una delle ultime estati trascorse alla Colombera”), rivedere luoghi (“Non si andava ad Alba ma in Alba”), ricostruire la complicata storia di Maria Teresa Novara (clicca qui per leggerne l’articolo) per far luce su una colpa collettiva (“sequestro a scopo di libidine”) che è il retroscena di rapporti familiari (“Vicini o distanti, i genitori hanno la capacità di farti sentire inadeguato comunque”) e paesani (“Le Langhe basse, dove in una notte si giocano delle cascine di sessanta giornate”). 

Il romanzo è ricco di riferimenti e stralci letterari (Lettera al padre di Kafka, La malora di Fenoglio, L’avversario di Carrère) e ripropone in forma libera e romanzata un triste caso della cronaca nera del 1968 per affondare nuovamente l’analisi psicologica (“La sua prepotenza non disponeva di costrutti sintattici così elaborati e, in fondo, quei costrutti non le servivano: bastavano gli sguardi, le alzate di spalle, i silenzi”) e sociale su Le colpe dei padri, un tema caro a Perissinotto. 

Bruno Elpis

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