Le recensioni di Bruno Elpis
L’isola degli idealisti di Giorgio Scerbanenco (i-libri)
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- Scritto da Bruno Elpis
L’isola degli idealisti è un romanzo sinora inedito di Giorgio Scerbanenco e, come indicato nella prefazione di Cecilia Scerbanenco, venuto alla luce in modo rocambolesco: dagli archivi della seconda guerra mondiale, aperti al pubblico dalla Confederazione Elvetica, emerge un curriculum di Giorgio con un elenco delle opere e delle collaborazioni a riviste. Dall’elenco la figlia, che ha recentemente curato un biografia del padre per La nave di Teseo (Il fabbricante di storie. Vita di Giorgio Scerbanenco), apprende l’esistenza di quest’opera: “Il dattiloscritto originale de L’isola degli idealisti fu gelosamente conservato dalla moglie di Giorgio S., Teresa Bandini S. e, grazie al mio fratellastro Alberto, ho potuto averne copia… gli fu probabilmente commissionato dal Corriere della Sera dopo il grande successo di due romanzi usciti a puntate nel 1942…: Cinque in bicicletta e Cinema tra le donne.”Un’opera che si candida a essere il preludio della futura produzione noir del grande scrittore: “Assonanze caratteriali, fisiche, di percorsi mentali, tra Celestino Reffi e Duca Lamberti… Persino lo stile, pur dolcemente demodé, è già dinamico e incisivo, da crime novel…”
La vicenda oggetto del romanzo è ambientata nel 1930, al Ginestrin, un’amena proprietà della famiglia Reffi localizzata su un’isola che potrebbe costituire il sogno di chiunque.
Antonio Reffi e gli originali figli - la scrittrice Carla e il medico-matematico Celestino - costituiscono, con la servitù, un nu
cleo autarchico che vive di intellettualismo e idealismo. Poi l’equilibrio della comunità chiusa viene turbato dall’arrivo di due ladri: il cardiopatico Guido e la tanto affascinante quanto grezza Beatrice. I due avventizi sparigliano rapporti, stasi e quiete dell'isola e dei suoi pochi abitanti.
La storia rappresenta un esperimento interessante e ben riuscito per studiare l’evoluzione psicologica di tipologie caratteriali costrette in un ambiente chiuso e per raffigurare i meccanismi opposti della filantropia (“Ho pensato di evitarvi l’arresto, ma perché ho in mente una cosa… Insegnarvi a essere onesti, a essere onesti e sinceri”) e della grettezza umana.
L’ambientazione isolana e lacustre è molto suggestiva, lo stile narrativo pacato, equilibrato e carismatico.
“Vi erano al Ginestrin una biblioteca, la radio, una collezione di dischi, e soprattutto vi era una terrazza, metà coperta a veranda e metà scoperta, dalla quale poter vedere d’estate e d’inverno il dolce vasto panorama attorno; morbidi monti che solo negli inverni più freddi si coprivano un poco di neve; e intorno le rive del lago, con le case dei paesi rannicchiate quasi sull’acqua, o a cavallo di qualche sella montana, o incastrate tra le pieghe boscose della montagna... un così grande, vasto cielo, o così pareva da quella terrazza isolata sull’acqua, che poteva dare anche sgomento.”
Bruno Elpis