Le recensioni di Bruno Elpis
Questa sera è già domani di Lia Levi (i-libri)
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- Scritto da Bruno Elpis
Questa sera è già domanidi Lia Levi narra le vicende di una famiglia ebrea in un arco temporale dal 1932 sino all’epilogo della seconda guerra mondiale.
La visuale sul drammatico periodo storico, che registra l’escalation dell’antisemtismo dall’approvazione delle leggi razziali sino alle deportazioni, è quella di Alessandro, enfant prodige (“Sono stato ammesso al ginnasio… Quanti anni hai?... Nove”) figlio di Emilia Rimon nata Dello Strologo e Marc Rimon e nipote prediletto di Wanda e Osvaldo.
Sballottato anzitempo nelle scuole (Alessandro, come “Romano, il figlio più piccolo del capo del governo… Nel 1932, alla soglia dei cinque anni, era già pienamente padrone della scrittura e della lettura e il ministero fu lieto di autorizzare il suo ingresso in prima elementare con un anno d’anticipo”) per assecondare le ambizioni di una madre ottusa (“Io non me ne vado. Non lascerò mai l’Italia per un chissà dove”) e anaffettiva, Alessandro custodisce un cimelio di famiglia (“Quella stella a sei punte il re David se l’era messa sul suo scudo, ed era… diventata il simbolo dell’ebraismo”), ammira l’originalità attempata del nonno Luigi (“Possibile che amasse più i generi che le figlie?... Cercava solo di tenersi il più lontano possibile dai loro caratteri irsuti, dalla loro fuga dalla gioia”), soffre per le disavventure del padre, interiorizza la sofferenza della sua condizione originaria e teme per il proprio destino, venendo a conoscenza degli orrori viennesi delle persecuzioni razziali attraverso il racconto di un’amica incontrata in un raduno di esuli.
Mentre crollano le illusioni scolastiche, tra piccoli atti di insubordinazione e ribellione (“Il crocifisso nel mezzo e più in basso… il ritratto del re e quello di Mussolini… Cristo fra i due ladroni!”), Alessandro stringe amicizia con un professore comunista prima e poi con un coetaneo, con il quale si avventura nel fallimentare tentativo di unirsi alla lotta partigiana.
Intanto il padre subisce le sorti imposte dalla scelleratezza nazi-fascista: perde il lavoro (“Due sbirri… a ritirare la licenza di artigiano del padre. Razza ebraica, non poteva tenerla”), viene confinato in un paesino marchigiano e, in un secondo tempo, tra Piemonte e Liguria.
Sullo sfondo c’è la guerra mondiale: dagli esordi, attraverso i bombardamenti su Genova, sino all’occupazione tedesca…
Con uno stile che non indulge alle mistificazioni nell’affrescare pregi e difetti di una famiglia normale, in alcuni passaggi Lia Levi evoca inquietanti coincidenze con pensieri che nell’attualità rappresentano reviviscenze di insidie (“Discriminare non significa perseguitare… vuol dire che se qualcuno si trova a casa tua, hai per lo meno diritto di sapere chi è e cosa fa. Ma questo non significa essere ostile nei suoi confronti”) nelle quali la storia e l’uomo sembrano ciclicamente, ostinatamente imbattersi…
Bruno Elpis