Le recensioni di Bruno Elpis
Quel che resta del giorno di Kazuo Ishiguro(i-libri)
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- Scritto da Bruno Elpis
Quel che resta del giorno: se lo chiede il premio Nobel, KazuoIshiguro, nei panni di Stevens, impeccabile maggiordomo, al termine di un viaggio-premio concessogli dal nuovo datore di lavoro, un ricco americano che ha rilevato da lord Darlington la proprietà di nobile tradizione (“È stata la residenza di Lord Darlington sino a tre anni fa… La casa adesso è abitata da Mr John Farraday, un signore americano”).
Il viaggio ha un itinerario che si snoda in tappe successive (Oxford – Salisbury – Mortimers’sPond, Dorset – Tounton, Somerset – Moscombe, Devon –Little Compton, Cornovaglia – Weymouth) sull’auto padronale, sino in Cornovaglia sulle tracce di un’antica collega (“Miss Kenton… aveva lavorato come governante a Darlington Hall”), in un paesaggio che dalla discrezione trae la propria bellezza (“Come se quella terra fosse consapevole della sua stessa bellezza, della sua grandezza, e non sentisse alcun bisogno di proclamarla a gran voce”).
Durante questo viaggio il protagonista del romanzo e il suo lettore avranno modo di interrogarsi sulla professione di Stevens e sul significato di un sacrificio e di una dedizione che – nel momento di crisi segnato dall’evoluzione sociale –travolgono il senso dell’identità e il significato dell’esistenza.
Meditando sul passato, rivedendo scene di vita vissuta, è lo stesso Stevens a tracciare l’identikit del perfetto maggiordomo, una professione tipicamente inglese (“Si usa dire a volte che maggiordomi esistono davvero soltanto in Inghilterra… gli europei non sono in grado di fare I maggiordomi, perché come razza non sanno mantenere quel controllo emotive del quale soltanto la razza inglese è capace”), che si caratterizza per capacità di autocontrollo (“La storia di quel maggiordomo che non si abbandonò al panico quando scoprì una tigre sotto il tavolo da pranzo”) anche nei momenti tragici (“Dalla faccia si direbbe che stai piangendo”), spirito altruistico (“Noi maggiordomi dovremmo aspirare a servire i grandi gentiluomini che sostengono la causa del progresso dell’umanità”) che trascende mansioni e compiti (“Argomenti che riguardano campi piuttosto vasti quali ad esempio la caccia con il falcone o l’accoppiamento dei tritoni”), attenzione ai particolari (“Santo cielo Darlington, l’argenteria in questa casa è una delizia”), studio e impegno (“Ho studiato attentamente quel programma poiché le battute di spirito… sono sempre di ottimo gusto”), senso del dovere che si piega anche al dileggio dell’aristocrazia (“Non è nulla, signore. Sono stato molto lieto di rendermi utile”) e soprattutto… dignità (“La dignità… ho il sospetto che sostanzialmente consista nel non togliersi i panni di dosso in pubblico”).
Su tutte queste qualità, poi, troneggia il senso di una fedeltà smisurata che induce Stevens a difendere il suo Signore – che organizza convegni per “liberare la Germania dalle crudeltà del trattato di Versailles” -dalle accuse che gettano l’ombra del filonazismo (“HerrRibbentrop… un imbroglione… che la strategia di Hitler nel corso di tutti quegli anni fosse quella di ingannare più a lungo possibile l’Inghilterra sulle sue vere intenzioni…”) e dell’antisemitismo su un passato luminoso e prestigioso (“Ricordo di aver notato George Bernard Shaw, il famoso commediografo… Lord Halifax…”).
La narrazione è condotta con ottima combinazione di emotività sempre velata ma palpitante, umorismo accennato e intelligente (che raggiunge il culmine quando a Stevens viene affidata l’iniziazione sessuale del giovane Mr Cardinal), senso della misura e dell’equilibrio imperante (“i rischi che si corrono nel pronunciare battute di spirito”). Ed è proprio questo gioco di calibrato dosaggio lo stratagemma narrativo che consente a KazuoIshigurodi amplificare la disperazione finale per una vita mancata a causa di amori inespressi o declinati in nome del dovere (“La sera è la parte più bella della giornata”), disperazione prontamente bilanciata dalla malinconica speranza che – malgrado tutto - si possa ancora rimediare (“Dopotutto che cosa c’è mai da guadagnare nel guardarsi continuamente alle spalle e a prendercela con noi stessi se le nostre vite non sono state proprio quelle che avremmo desiderato?”).
A questo link segnaliamo la recensione al film tratto dal romanzo, a cura di Stefano Lo Verme.
Bruno Elpis