Le recensioni di Bruno Elpis
Chiamami col tuo nome di André Aciman (i-libri)
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- Scritto da Bruno Elpis
Chiamami col tuo nome di André Acimanè balzato agli onori della cronaca con le nomination agli Oscar del film di Guadagnino, che poi ha conquistato la statuetta della miglior sceneggiatura.
La vicenda è nota: è l’intensa storia – la scoperta dell’amore – dell’adolescente Elio che rimane folgorato dalla bellezza e dalla personalità di Oliver, studente universitario americano (“Finì per chiamarlo il cauboi… la muvi star”) che sta scrivendo un saggio sulla filosofia di Eraclito e viene ospitato nella villa rivierasca della famiglia di Elio (suo padre è un professore) in sei settimane estive (“Quando ripenso a quell’estate, non riesco mai a ordinare gli eventi in sequenza. Oltre ad alcune scene chiave, mi ricordo solo i momenti ripetuti”) durante le quali la convivenza, i riti estivi, le affinità culturali (“Io ero Glauco e lui Diomede”), le passeggiate nel paesaggio ligure(“Gli uliveti e i girasoli che giravano la faccia sbalorditi verso di noi quando passavamo accanto ai pini marittimi…”)sono ingredienti che catalizzano sentimenti, emozioni e scoperte affettive.
In questo commento ci soffermiamo sull’intimismo e sull’ambientazione.
Il romanzo è infatti molto meticoloso, esplicito e analitico nell’approfondire le fasi della passione: la scoperta dell’attrazione(“Che mai poteva esserci di sbagliato se mi piaceva qualcuno che piaceva anche agli altri?”), l’attenzione ai particolari e alle sfumature (“Quel Dopo! aveva sempre in sé qualcosa di brusco”),i desideri (“Fa’ che l’estate non finisca mai, che lui non se ne vada mai…”) e le rappresentazioni reciproche (“Oliver aveva quattro personalità diverse a seconda del costume da bagno che indossava”), le fantasie sessuali che si materializzano nel feticismo di alcune scene “forti”(“Piangevo perché nessuno sconosciuto era mai stato tanto gentile con me o era arrivato a tanto, nemmeno Anchise quella volta che mi aveva aperto la ferita sul piede e poi aveva succhiato il veleno dello scorpione, sputandolo fuori, più e più volte”), la carnalità del rapporto(“Alla fine uno di noi avrebbe attraversato la sottintesa Linea Maginot che non aveva mai fermato nessuno”), la creazione di un codice d’amore(“Le voci di questo elenco… Le avevo toccate come fa uno zibetto che si strofina contro gli oggetti che brama”), la fisiologia dell’amore (“Non mi aspettavo che il dolore si sarebbe aggrovigliato in fitte improvvise di sensi di colpa”), la realizzazione di una fusione che si esprime nei corpi(“Voglio esplorare il tuo corpo, voglio sapere che sensazioni provi, voglio conoscerti e, attraverso te, voglio conoscere me stesso”), nello spirito e nelle identità personali (“Chiamami col tuo nome e io ti chiamerò col mio”), il desiderio di ancorarsi a qualcosa di concreto (“Voglio anche Svolazzina. E le espadrillas. E gli occhiali da sole. E te.”) quando la vacanza finisce…
L’ambientazione, per quanto dichiaratamente riferita al ponente ligure pur con qualche depistaggio (“Gli echi appena rimbalzano contro le scogliere di B. e si tuffano nelle secche remote dove la barca di Shelley si era scontrata con la burrasca”), viene cifrata con le sole iniziali dei luoghi: il profilo di N.(Nizza?), puntatina a B. (Bussana Vecchia?), gita a E.E questo induce a presupporre che la scelta sia stata adottata per criptare riferimenti (auto)biografici reali.
Ma la seconda parte del romanzo s’intitola “La collina di Monet” e noi ricorriamo ai quadri dell’impressionista francese per visualizzarla.
Bruno Elpis