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Le recensioni di Bruno Elpis

Il ragazzo selvatico di Paolo Cognetti (i-libri)

coverIl ragazzo selvaticodi Paolo Cognetti – A trent’anni, Il ragazzo selvatico – probabilmente Paolo Cognetti in persona – sente sgorgare dall’insoddisfazione un’esigenza di verità: “Non era un bisogno di partire, quanto di tornare; non di scoprire una parte sconosciuta di me quanto di ritrovarne una antica e profonda, che sentivo di aver perduto”. 

Perché cercare la risposta nella montagna?
Il ragazzo selvatico lo spiega con parole non sue: “Amava Thoreau e ne aveva adottato il manifesto: «Andai nei boschi perché volevo vivere secondo i miei principi, per affrontare solo i fatti essenziali della vita, per vedere se fossi capace di imparare quanto essa aveva da insegnarmi, e per non scoprire, in punto di morte, di non aver vissuto… Volevo vivere profondamente e succhiare tutto il midollo della vita, vivere in modo vigoroso e spartano e distruggere tutto ciò che non era vita, falciarlo via con ampie bracciate radenti al suolo, chiudere la vita in un angolo e ridurla i suoi minimi termini. E se si fosse rivelata miserabile, volevo trarne tutta la genuina miseria e mostrarla al mondo; se invece fosse stata sublime, volevo conoscerla con l’esperienza e renderne conto nella mia narrazione.»” 

Eccolo dunque, Il ragazzo selvatico in alta montagna, solo con le creature che vivono li: “Fringuelli alpini… cercano larve nella terra di fusione… due di loro avevano fatto il nido proprio sopra la trave di colmo… in quel cantuccio riparato e buio tra la trave e il tetto.”

L’esperienza innanzitutto è una rivoluzione nei sensi (“Di notte stentavo ad addormentarmi”).
L’udito in primo luogo: “E questi passi fuori, verso le tre del mattino, che cosa sono?”
Ma anche l’olfatto, che respira gli odori della montagna. 

Gli esseri umani sembrano divedersi in due categorie. Da un lato i selvatici, come il narratore e i ragazzi del rifugio, Davide e Andrea; dall’altro gli estranei (“I selvatici erano spariti… Di turisti ne incontravo ogni giorno… e mi parevano sordi e ciechi al paesaggio che attraversavano, facevano tanto di quel rumore che li sentivo prima ancora di vederli…”, incapaci di “saper passare sulla terra senza colonizzarla”). 

Il ragazzo selvatico, se non è il prologo de Le otto montagne, è opera in continuità. Anche qui Cognetti si sofferma sul suo mal di montagna che si trasforma in amore e consente di conoscere tutti i sentimenti nella gamma che oscilla dalla felicità più pura (“La ricordavo fina da ragazzino, questa trasformazione che la montagna mi provocava: questa gioia di avere un corpo, il senso di armonia che ritrovava muovendosi nel suo elemento…”) alla disperazione più profonda (“Mi misi a singhiozzare sdraiato su quel sasso perché ero stanco, mi mancavano tutti quanti e non sapevo più dov’ero”). 

Bruno Elpis 

P.S. per gli amanti della poesia e della natura: il romanzo contiene alcune bellissime poesie di Antonia Pozzi e inserti sulle piante che vivono oltre 2000 metri: l’abete rosso, il pino silvestre, il larice, il pino cembro.

 

http://www.i-libri.com/libri/il-ragazzo-selvatico/