Le recensioni di Bruno Elpis
Una donna spezzata di Simone De Beauvoir (i-libri)
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- Scritto da Bruno Elpis
Una donna spezzata di Simone De Beauvoir è Monique, alle prese con il tradimento del marito (“Maurice è cambiato”) e con Noëllie, la rivale da screditare agli occhi del coniuge (“Noëllie sarebbe anche l’amante dell’editore Jacques Vallin”).
La reazione della donna, puntigliosamente annotata in un diario (“Com’è curioso tenere un diario: le cose che vi si tacciono sono più importanti di quelle che vi si annotano”), vuole essere improntata alla razionalità (“Visto che ho adottato un atteggiamento conciliante e comprensivo, devo mantenerlo”) e alla strategia sentimentale (“Se gli rovino la sua avventura, la abbellirà con la fantasia, gli verranno dei rimpianti. Se gli permetto di viverla «come si deve» se ne stancherà presto”), ma ben presto si tramuta in gelosia (“La prima volta che sono andata a spiare Maurice al laboratorio, la macchina era nel parking”) e possessività (“Immaginarli… E comunque non è la stessa cosa che vederli”).
Subentrano i sospetti: perché il marito ha nascosto la relazione? Per non far soffrire? Per portare a compimento l’educazione delle figlie? E intanto la donna si rifugia nell’astrologia, nella grafologia, infine nella psicoterapia (“Così, adesso pago qualcuno perché mi ascolti, è atroce”) per non arrendersi agli istinti autodistruttivi (“Ho quarantaquattro anni, è troppo presto per morie, è ingiusto!”) e al dilagare delle angosce (“Le rabbie, i patemi, l’orrore, sono tutte cose che sfuggono alle parole”).
Nel secondo racconto (L’età della discrezione), una scrittrice anziana (“Allora, il giorno in cui sarei andata in pensione… mi sembrava irreale addirittura come la morte”), volitiva (“Io non potrei vivere senza scrivere”) e dominante (“Sono sempre stata collerica: stavo forse diventando bisbetica?”) affronta la delusione per le scelte di vita di un figlio che rivendica la propria autonomia di scelta (“Perché mi sono ostinata a fare di Philippe un intellettuale, mentre André l’avrebbe lasciato avviarsi verso altre strade?”).
In Monologo, un’altra figura di donna (“Mia figlia è morta e mio figlio me l’hanno portato via”) affronta la solitudine (“Ma io sono un merlo bianco. Povero merlo bianco: è solo al mondo”) in una notte simbolica (“Ma stanotte è Capodanno e son qui sola a rodermi”) che accoglie i dolorosi sfoghi della monologante.
Diario, narrazione classica, monologo destrutturato: tre forme diverse per dare corpo e per esprimere complessità e orgogli di donne sferzate dai venti della vita.
Bruno Elpis