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Le recensioni di Bruno Elpis

Sempre più vicino di Raul Montanari (i-libri)

coverSempre più vicino di Raul Montanari - Pensieri fulminanti. Ambientazione fluviale. Razionalismo? Psicologismo? Il vil denaro. Madre assente, padre ingombrante. Generazione anni ’90. Milano. Come Marcel Proust. I nostri rimandi e link a opere precedenti, le sue playlist. 

Dietro e dentro i personaggi di “Sempre più vicino” – il puro Valerio, l’amico Simon, Elena l’architetto fetish dalla voce sbagliata (“Non sei in vena di torture, vuoi che lo facciamo vaniglia”), la bella ed enigmatica Viola, RicVelardi(“«Raffreddore o allergia?» chiese, alludendo allo strano tic. «Setto nasale deviato», rispose l’altro, tristemente”) - c’è Raul Montanari, l’autore che abbiamo conosciuto nei romanzi pubblicati in questi anni . Con i suoi pensieri fulminanti (“Un uomo che non ha niente da perdere è avvantaggiato sugli altri… ma un uomo che non ha niente da guadagnare è addirittura invulnerabile”) in una storia mistery dal sottofondo esistenzialista (“Sapeva cosa avrebbe detto a Viola, forse, se ne avesse avuto il tempo. «Manchi tanto nel mio passato», le avrebbe detto”). 

C’è lo scrittore che predilige l’ambientazione fluviale per certe scene, punti d’accumulazione e di congestione d’emozioni, talvolta finali della storia. Come ne “L’esistenza di Dio” o in “Che cosa hai fatto”. 

C’è il gusto – tipico del razionalista – di interrogarsi sull’aspetto oscuro o apparentemente esoterico delle cose (“Quell’uomo – ndr: lo zio Willy - è stato ucciso nella notte del venerdì santo e tu fai finta di niente? Stava partecipando a un rito!”). Come le rune de “Il tempo dell’innocenza

C’è lo psicologismo che abbiamo letto in “Strane cose, domani”. Qui non soltanto focalizzato sul “voyeurismo attivo” delle visite segrete che Valerio (“Il solito batticuore dell’intruso, oggi più forte che mai”) rende ai suoi inquilini per penetrarne la vita. 

C’è il tema dell’amicizia, qui nella preoccupazione-incubo che sia corrotta da sporche questioni di vil denaro (“Non lo prenderei nemmeno a pugni. Se l’avessi qui gli domanderei perché non me li ha chiesti, quei soldi…”). Come ne “Il regno degli amici”. 

C’è lo studio dei legami familiari. Nel rapporto con una madre assente (“Comunque Viola Mastrangelo non assomiglia a mia mamma”) e con un padre ingombrante. Come ne “La verità bugiarda”. 

C’è l’attenzione a un’epoca. Qui la generazione degli anni ’90. “Quella del figlio era una generazione massacrata, la prima che sapeva di essere destinata ad arretrare rispetto ai genitori, a dipendere da loro fino alla vergogna, all’esasperazione”. 

C’è l’ambientazione milanese (“Così, l’aveva convinta che passeggiare a Milano di sera è uno strazio, perché in questa scellerata città mancava un fiume vero, mancava la riva di un lago o del mare, mancavano parchi aperti d’inverno dopo le nove, gondole, fori imperiali, vie monumentali, insomma mancava tutto”). 

C’è il traduttore-lettore-interprete di Edgar Allan Poe che – come Marcel Proust - rilancia uno stratagemma de La lettera ritrovata (“Quell’impressione che qualcosa mancasse o fosse spostato…”)... 

Eppure ogni romanzo di Raul Montanariè cosa a sé (“Sai, a volte il fascino che vediamo in una persona ce lo mettiamo noi”). E cosìanche noi abbiamo introdotto questo commento secondo uno stilema “alla Montanari”: la playlist dei passaggi del capitolo, quello che in un’intervista lo stesso Raul ha così definito: “Sì. È l’effetto di un trailer. Non è un riassunto: è proprio una serie di flash di quello che accadrà nel capitolo. Un trailer, appunto.” 

Bruno Elpis 

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