Le recensioni di Bruno Elpis
Una storia quasi perfetta di Mariapia Veladiano (i-libri)
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- Scritto da Bruno Elpis
Per molti il Don Giovanni rimane quello rappresentato da Kierkegaard in “Aut aut”: l’interprete dello stadio estetico, indifferente ai valori morali, che non crede alle leggi etiche tradizionali. Per lui sono fondamentali i valori della bellezza e del piacere, ai quali subordina tutto. Proteso verso il soddisfacimento di desideri sempre nuovi, considera il mondo uno spettacolo da godere: vive del momento, fugge i legami con il passato, non ha speranza per il futuro.
Il "seduttore" per eccellenza è Don Giovanni, il libertino dell'omonima opera di Mozart, rappresentato dalla musica, l’arte che più stimola i sensi perché a essi si rivolge senza mediazioni di concetti e parole.
Mariapia Veladiano fornisce la sua interpretazione del dongiovanni in “Una storia quasi perfetta” e ne coglie l’essenza pericolosa (“Ci sono donne morte per lui”) nella relazione tra il seduttore e Bianca.
Proprietario di un atelier di moda (“Tutte qui siamo state a letto con lui, disse Claire”), conquista la donna adulandone l’opera di disegnatrice (“Piove… si bagnano le cartellette e i disegni”): nel romanzo, i due si raccontano le rispettive storie, ma l’ombra dell’opportunismo si allarga sul contratto che il donnaiolo stipula per legare a sé la propria conquista, apparentemente la parte debole del rapporto (“Io non posso… cadere”).
Gabriele, il figlioletto di Bianca, dimostra apertamente la sua ostilità verso l’intruso (“Il bambino lo guardava senza paura, con … ostilità… una durezza adulta, vecchia quasi”) e istintivamente cerca di difendere la madre dal pericolo incombente.
Quando scatta l’ora della fine (“Un’overdose di verità. Troppa intimità. Doveva chiudere appena possibile, appena firmati i contratti”), sarà una scena di maternità ad allontanare il dongiovanni dalla scena (“Non sarebbe mai stato amato così”).
Mariapia Veladiano parteggia visibilmente per la sensibilità femminile, senza infierire sul maschio alfa, regalandogli un profilo sofisticato. Lo stile è ipnotico, ricco di allusioni acquatiche e floreali, e riserva un capovolgimento di sorte e ruoli tra predatore e preda: una nemesi del demiurgo-scrittore, che in un libro, sì, può riequilibrare il gioco delle parti e delle contrapposizioni sessuali. Che dire, a questo punto, della realtà? Sarà possibile anche in essa trasferire questo sortilegio creativo?
Bruno Elpis