Le recensioni di Bruno Elpis
Anime di vetro di Maurizio De Giovanni (i-libri)
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- Scritto da Bruno Elpis
Le “Anime di vetro” di Maurizio De Giovannisono fragili. Ma sono anche trasparenti.
“Ho un’anima di vetro, pensava Enrica. Fragile e trasparente, pronta a riempirsi di qualcosa di bello e colorato, e a infrangersi in mille pezzi”.
E ancora: “Le anime sono fragili. Esseri bellissimi e fragili, di cristallo, lasciano passare la luce e il calore, ma non sono in grado di trattenerli… abbiate il coraggio di guardare al suo interno, la superficie è trasparente, ve lo consentirà”.
Nella Napoli degli anni 30, città spiata e controllata dal regime fascista (“In via indiretta… il lavoro per proteggere Livia aveva finito per incrociare la presenza in città di una probabile spia militare tedesca”), il commissario Ricciardi è più triste del solito, perché ha appena perso un affetto importante (“Lo squarcio aperto dalla morte di Rosa nella sua vita… non si sarebbe rimarginato mai”).
A lui si rivolge l’affascinante contessa di Roccaspina e lo convince a riaprire il caso dell’omicidio di un avvocato usuraio, del quale si è inspiegabilmente autoaccusato il marito della bella nobildonna (“Mio marito ha confessato di essere il colpevole”).
Ricciardi ha le sue teorie (“La gente ammazza per fame o per amore”) e, per questo caso, un interesse particolare: “Mi interessa comprendere i motivi: quelli che spingono lei a darsi tanta pena per dimostrare l’innocenza del marito e quelli che hanno spinto lui a dichiararsi colpevole…”
Mentre sullo sfondo risuonano le note di una canzone (“Il verso di quella canzone, che gli arrivava nella notte: Vattene, falena. Vattene. Non bruciare nella mia fiamma”), Ricciardi, barone di Malamonte (“Quell’uomo sottile e silenzioso, dai grandi, tristi occhi verdi: Luigi Alfredo Ricciardi”), commissario dai poteri strani (“Aveva la sgradevole impressione che l’alcol potenziasse il Fatto”) e visionari (“Quando i morti erano più d’uno il tempo di permanenza del Fatto si dilatava”), è occupato tanto dall’indagine (“Il conte era un debitore dell’avvocato, giocava pesante, carte, lotto, cavalli”) quanto dalle resistenze che oppone alle sue spasimanti, perché vuole evitare che si brucino, proprio come le falene attratte dalla fiamma. Per questo le respinge (“Un’altra falena è stata salvata dal fuoco”), si attira i sospetti del regime (“Non gli interessano le donne perché preferisce gli uomini”) e risponde a una domanda: “A che serve tutto questo mare?”
Bruno Elpis