Le recensioni di Bruno Elpis
Confessioni di una maschera di Yukio Mishima (i-libri)
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- Scritto da Bruno Elpis
Le “Confessioni di una maschera” di Yukio Mishima ripercorrono l’affiorare e l’affermarsi (“La mia passione dei travestimenti si acuì…”) della tendenza omoerotica vissuta in modo colpevole rispetto alle convenzioni. Il narratore - di un testo autobiografico? - è Kochan.
L’analisi spietata scompone sia le manifestazioni di un modo d’essere (“Doveva trattarsi di una vertigine mentale, di un’irrequietezza in cui il mio intimo equilibrio rischiava di essere distrutto dalla vista di ciascun movimento pericoloso di Omi”), sia le reazioni istintive: la negazione, il camuffamento. Che nell’infanzia vive la prima fase della mascherata: “Quanto il prossimo considerava una posa da parte mia era invece una manifestazione della necessità di affermare la mia natura genuina, mentre era per l’appunto una mascherata quello che il prossimo considerava il mio io genuino”.
Nell’adolescenza scocca il momento dell’accettazione della mascherata: “Quand’anche dovesse essere una mascherata pura e semplice e niente affatto la mia vita, era venuto ugualmente il momento in cui bisognava ch’io mi mettessi in cammino, che trascinassi avanti i miei torpidi piedi.”
La gioventù è scandita dalla frequentazione di una ragazza, Sonoko: un’esperienza molto cerebrale, fallimentare, nella quale la mascherata diviene coessenziale (“A lungo andare la recita è diventata una parte integrante della mia natura”), cosciente (“Sto diventando una di quelle persone incapaci di credere a nulla che non sia contraffatto”) e tragicamente intrisa del senso della morte (“Era nella morte che avevo scoperto l’autentico scopo della mia vita”) storicamente incombente (“Poteva essere un presentimento della bomba atomica che non doveva tardare a scoppiare?”).
Un testo drammatico e raffinato, forse essenziale – tanto quanto le “Lezioni spirituali per giovani samurai” - per interpretare la tragedia della morte di Mishima.
Bruno Elpis