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Le recensioni di Bruno Elpis

Il colpo di grazia di Marguerite Yourcenar (i-libri)

coverMarguerite Yourcenar scrisse “Il colpo di grazia” nel 1938 ispirandosi a un fatto reale (“Eric, Sofia e Corrado sono rimasti press’a poco quali me li aveva descritti uno dei migliori amici del principale interessato”).
La vicenda la colpì per il potenziale tragico (“L’avventura… mi parve racchiudere in sé tutti gli elementi dello stile tragico… unità di tempo, di luogo e … unità di rischio; … azione limitata a due o tre personaggi… inevitabilità dello svolgimento tragico al quale la passione tende sempre, ma che di solito prende forme più insidiose o più invisibili”) al quale la scrittrice diede forma artistica (“Il racconto è scritto in prima persona e messo in bocca al personaggio principale, procedimento per il quale io ho una certa predilezione, perché elimina il punto di vista dell’autore…”) e contenuto narrativo (“L’argomento centrale… è … questa solidarietà di destino in tre creature sottomesse alle stesse privazioni e agli stessi pericoli”).
La prefazione dell’autrice raccomanda al lettore di non giudicare i personaggi – soprattutto Eric può facilmente apparire odioso - e segnala che il testo ha un valore umano e non politico. 

I fatti sono ambientati in Curlandia (l’attuale Lettonia), nel 1919, durante la guerra civile.

Eric von Lhomond (“Il mio arruolamento nel corpo dei volontari del generale e barone von Wirtz, che partecipava alla lotta antibolscevica in Estonia e in Curlandia”) vive a Kratowice con l’amico tanto amato, Corrado (“In una simile esistenza continuamente deviata, Corrado era almeno un punto fisso, un nodo, un cuore. Era baltico con sangue russo; io ero prussiano con sangue baltico e francese…”), e Sofia, sorella di Corrado (“Quanto a Sofia… era bella, la moda dei capelli corti le donava”). Quest’ultima (“Sofia era stata violentata da un sergente lituano…”) è innamorata del protagonista-narratore, che non solo non la corrisponde, ma addirittura si rapporta a lei in modo spietato. Le cause del rifiuto di Eric sembrano sia psicologiche (“Perché le donne vanno proprio a invaghirsi degli uomini che non sono loro destinati, costringendoli così a scegliere fra lo snaturarsi e il detestarle?”), sia strutturali (“Dopo qualche settimana di delusione o di delirio, il mio vizio che era insieme disperante e indispensabile mi avrebbe riguadagnato; e comunque lo si pensi, questo vizio riguarda molto meno l’omosessualità che la solitudine”).
Eric sottopone Sofia a una serie di crudeltà e fa in modo che venga a conoscenza dei suoi incontri mercenari (“La prodezza di Riga torturò Sofia senza sorprenderla”): le provocazioni prevalgono sempre sull’affetto (“Eric ti secca che io muoia?”), che trapela sporadicamente, come in occasione di un bombardamento (“Se avessimo dovuto morire quella notte era nonostante tutto vicino a lei che avrei voluto che succedesse”).
Ottenuto l’ennesimo rifiuto da Eric (“L’essere che malgrado tutto mi costituisce in ciò che ho di inesorabilmente più personale avrebbe ripreso il sopravvento e… io avrei abbandonato Sofia…”), Sofia reagisce malamente (“Mi sputò in faccia”), fugge di casa e si unisce al nemico (“Sa a quale rischio si è esposta aiutando la signorina de Reval a farsi condurre nelle linee nemiche?”). Si vendicherà in modo estremo (“La signorina chiede… vuole che sia lei…”), in un finale spettacolare e degno della miglior tragedia greca. 

Abilissima nell’approfondire la psicologia femminile di Sofia e quella più bizantina di Eric, minuziosa nell’addentrarsi nelle complessità di un rapporto trilaterale e sfaccettato (“Immaginarmi cognato di Corrado. Non si butta a mare, per un dubbio intrigo con la sorella, un amico divinamente giovane e vecchio di vent’anni”), con il suo stile originale (“Il telegrafo crepitava al di là dei battenti socchiusi… una serie stramba di animaletti imbalsamati si allineava sulle mensole…”) Marguerite Yourcenar si addentra nei recessi della crudeltà che gli individui (“Sofia non fu più per Corrado che una spia…”) e la storia propagano attraverso i meccanismi perversi della guerra. 

Bruno Elpis 

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