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Le recensioni di Bruno Elpis

La strada di Cormack McCarthy (qlibri)

cover“Mai è un sacco di tempo” 

La strada”, premio Pulitzer 2007 aCormack McCarthy,è un romanzo post-apocalittico con due protagonisti: l’uomo e il bambino (“Il bambino era l’unica cosa che lo separava dalla morte”). 

Si è verificata una catastrofe (nucleare?) e il mondo si spalanca desolato (“Impiegarono interi giorni per attraversare quella piana cauterizzata”) e devastato (“Tutto era ridotto in cenere”) davanti agli occhi dei pochi sopravvissuti. Il clima è mutato (“Lungo l’arido crinale, alberi scorticati e neri sotto la pioggia”) e i paesaggi sono desertici e grigi. Il padre intraprende il viaggio (“E stiamo sempre andando a sud”) con il figlioletto: i due sono i buoni, forse sono l’ultima chance per rifondare un’umanità distrutta, spaventata e condannata alla solitudine  (“Perché non c’è nessuno a cui fare dei segnali. Giusto?”). Si aggirano con un carrello nel quale ripongono  i viveri; una pistola è l’unico strumento di difesa del quale dispongono (“Tieni sempre la pistola con te. Devi trovare altri buoni, ma non puoi permetterti di correre rischi… Non puoi. Devi portare il fuoco”). 

Il viaggio si svolge tra pericoli, stenti (“Stavano veramente morendo di fame”) e segnali preoccupanti (“Uno schianto fra gli alberi”). Le soste avvengono in prossimità di case abbandonate o bunker che talvolta celano l’orrore, del quale il bambino prende consapevolezza (“Non sapeva se il bambino avrebbe mai ripreso a parlare”). 

Lungo il percorso, i due s’imbattono in esuli solitari o bande di superstiti (“Avanzavano strusciando i piedi nella cenere e dondolando le teste incappucciate. Alcuni portavano maschere antigas. Uno aveva una tuta antiradiazioni”) che spesso praticano il cannibalismo (“Se li mangeranno, vero?”). Quando arrivano al mare, la delusione s’impossessa del bambino (“La pelle cerea del bambino ormai era quasi trasparente”), che si ammala. Anche l’uomo si sente sempre più debole e una tosse insistente lo affligge… 

Lo stile dell’autore si tronca in periodi brevi, spesso costituiti da singole parole; i dialoghi sono rapidissimi e mai in forma esplicita. L’atmosfera catastrofica incombe sull’intero romanzo che, nel finale, si squarcia in una prospettiva incerta, degna della luce minacciosa che illumina tutta la storia (“La traccia di un sole smorto che si muoveva invisibile oltre le tenebre”). Che sia avvertimento, futuro possibile o pericolo da scongiurare (“Migliaia di notti a sognare i sogni della fantasia di un bambino, mondi di volta in volta generosi o terrificanti ma mai il mondo che sarebbe stato davvero”), il romanzo entra direttamente nelle vene di chi lo legge. Ed è destinato a rimanervi (“Mai è l’assenza di qualsiasi tempo”). 

Bruno Elpis 

http://www.qlibri.it/recensioni/romanzi-narrativa-straniera/discussions/review/id:50370/