Le recensioni di Bruno Elpis
Quello che importa è grattarmi sotto le ascelle di Charles Bukowski (i-libri)
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- Scritto da Bruno Elpis
“Quello che importa è grattarmi sotto le ascelle” è il discutibile titolo attribuito all’intervista a Charles Bukowski, realizzata da Fernanda Pivano (“Ecco Malibù… Mi ci porta Joe Wolberg, ex professore di storia del marxismo… biografo di Charles Bukowski che da anni lo frequenta raccogliendo materiale su di lui”).
Preceduta da un’approfondita biografia, l’intervista ripercorre alcuni momenti della vita dello scrittore: il difficile rapporto con i genitori, che culmina in un atto violento (un pugno) contro il padre, il provocatorio proclama nazista, il viaggio in Europa con la contestazione delle femministe (“… perché le femministe mi detestano? Sono curioso di saperlo”), la scandalosa partecipazione a un programma della TV francese, finita in rissa (“Sai, quando fanno queste cose io bevo, così non ricordo quello che ho detto”)…
Nell’intervista si ritrovano interessanti spunti sulla controversa poetica del Buk (“… scrivere è come andare a letto con una bella donna, fare all’amore e poi ci si alza e qualcuno ti dà dei soldi”) e giudizi sugli scrittori americani: il mostro sacro Hemingway (“Addio alle armi era uno dei primi, con l’infermiera che…” “E non mi piaceva Il vecchio e il mare e soltanto i primi erano molto buoni”), autori alla cui riscoperta Bukowski contribuì (“John Fante. A questo non avrei pensato… ora John Martin, il mio editore, lo ha ristampato”), affinità più apparenti che reali (“Qualcuno ha detto che tu eri il nuovo Miller e il nuovo Kerouac… mi pare che tu non abbia niente a che fare con loro… Anche Fitzgerald beveva, ma tu non hai niente a che fare con Fitzgerald”).
E in rapporto alla letteratura italiana?
Il primo citato è un grandissimo: “Sì, c’era uno che aveva comprato la macchina fotografica… Pirandello… mi piacevano le sue commedie, qualcuna.”
Poi viene il momento di “Silone… Era un po’ politicizzato, vero? ... mi piaceva il suo modo di scrivere, il suo stile, molto bello.”
Buio completo su PPP: “Non hai mai sentito il nome di Pasolini? No”
E idee confuse su Moravia: “Oggi sul giornale c’era un articolo su un vecchio di settantadue anni che… come si chiama… Maromia… Non credo che mi piacerebbe quello che scrive però… è intonato politicamente, capisci, le sue risposte alle domande erano buone e mi ricordavano le stesse risposte che avrei dato a quella signora se le domande le avesse fatte a me.”
L’immagine che esce dall’intervista è quella di un Bukowski imborghesito, arrivato, piuttosto autoriferito, confusamente intento a consolidare il mito del “genio e sregolatezza”, non del tutto privo di una sua dolcezza (“Certo. Prendi questa rosa”).
Bruno Elpis
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