Le recensioni di Bruno Elpis
Mr. Mercedes di Stephen King (i-libri)
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- Scritto da Bruno Elpis
Mr Mercedes di Stephen King è un romanzo che mi ha spiazzato e cercherò di spiegarne i motivi.
“Anno del Signore 2010”: la crisi impazza e la gente in cerca d’impiego si accalca al City Center ove si svolge la fiera del lavoro. Il sogno di un’occupazione s’infrange per il delirio di un pazzo, che irrompe sulla folla guidando una Mercedes SL 500 e compie una strage.
Le modalità di esecuzione del delitto tradiscono la follia dell’assassino: “L’uomo che la stampa ha deciso di chiamare: a) il Jolly b) il Pagliaccio oppure c) l’assassino della Mercedes” ha compiuto “un crimine dettato da un impulso improvviso. Nessun legame con nessuna delle vittime, nessun movente, una strage commessa giusto per divertirsi”.
Si occupa del caso, che viene denominato “il massacro del City Center”, Kermit William Hodges, “detective di primo grado” in pensione: quand’era in servizio faceva coppia con Peter Huntley dando vita a “i segugi del Cielo”. A questo personaggio positivo (“Ti ho appena aiutato. Prima del tramonto, voglio che tu faccia lo stesso con qualcun altro”) fa da contrappunto il profilo orrendo di Brady Hartsfield: personalità contorta (“vuole stare simpatico a tutti”) e deformata da un delitto infantile (“Quando uccise il fratello. E la madre gli coprì le spalle”), autentico mostro che si nasconde sotto un ruolo altrimenti romantico (“Tutti amano l’omino dei gelati”).
La storia scorre non particolarmente originale, anzi direi dozzinale rispetto al florilegio dei romanzi trash sugli omicidi seriali. Poi s’incappa in due pagine illeggibili che contengono la descrizione del fratricidio vile ai danni di un bambino menomato e un senso di vergogna s’impossessa del lettore.
Non bastano alcuni aforismi (talvolta copia-incollati: “E se tu riguarderai a lungo in un abisso, ha scritto Nietzsche, anche l’abisso vorrà guardare dentro di te”), non sopperisce il mestiere di King e neppure lo stile (ormai opaco e scadente), che si affida a paragrafi spesso troncati dai luoghi comuni: “Meglio prevenire che curare”.
Rimane il disagio per un’atrocità imperdonabile tra le tante, rimane una domanda che mi sono posto pensando a fatti di cronaca (come le stragi nei college, di cui spesso leggiamo) che alimentano le menti esaltate di vigliacchi che colpiscono a tradimento, ispirati da un’idea rinunciataria e codarda: “L’unica verità è il buio. E conta solo entrarci dopo aver fatto qualcosa d’importante. Dopo aver ferito il mondo, lasciando il segno.”
Ribelliamoci alla legge del mercato. Non leggiamo questo libro di Stephen King.
Bruno Elpis
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