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Racconti e poesie di Bruno Elpis

Fantasma dell'opera

Chi l'ha detto che una poesia non può appartenere al genere horror?

Fantasma dell’opera
Tra ghirlande di lune, ciondoli e amuleti
sulle pareti le maschere veneziane
ammiccavano a ricordi d’infanzia e tradizione.
Possedevo il passato
attraverso simboli intagliati nel legno
il passato colorato dalle tinte della memoria.
Per riconquistare una felicità svanita dal paese dei balocchi
guardai il fondo del pozzo in pietra d’Istria
nella piazza silente. Non c’era luna,
quella che desideravo, dorata, illusoria, suadente.
 
Ricordo ancora un carnevale del secolo scorso 
quando lei mi strappò la maschera
per l’ansia di conoscermi.
Non compresi il suo stupore
perché vide il mio teschio nudo.
Non mi curai di rimettermi la maschera
e il mio segreto venne svelato. 
Fu un’esperienza indimenticabile:
spegnere il terrore sul suo volto, con ferocia
senza neppure doverle tendere un agguato,
mentre le note di uno struggente minuetto 
esaltavano lo straziante romanticismo
del nostro incontro risolutivo e soave.