Le interviste di Bruno Elpis
Intervista a Orfeo Paci ("Io scrittore")
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- Scritto da Bruno Elpis
Ed ecco la seconda intervista per la rubrica "Io scrittore", GMS
Cinque domande a Orfeo Paci
1) Ma a te, Orfeo, piacerebbe avere un’opportunità come quella che hai concesso a Rodolfo? In caso affermativo, come approfitteresti dell’occasione?
Direi proprio di sì. Risalire alle mie radici è un’idea affascinante, capire il proprio passato serve spiegare il presente, sapere da dove veniamo aiuta a capire chi siamo. Sì, se si potesse davvero vivere un’esperienza del genere non me la lascerei sfuggire.
2) Come nasce l’idea di questo romanzo?
Il romanzo parte da alcuni fatti vicini a me, come il rapporto un padre che non c’è più, o un fratello maggiore a me di molti anni, e da una domanda: cosa accadrebbe se un figlio si trovasse a vivere la gioventù del proprio padre. Il resto poi è stato semplice: è bastato guardare i personaggi, ascoltarli, assecondarli, e la storia si è scritta da sola.
3) Quanto contano i tuoi riferimenti autobiografici quando scrivi? E l’ambientazione in Toscana?
Credo che si scriva sempre di noi, attingendo al proprio bagaglio di esperienze, ma in Nebbia sull’Arno, come ho accennato nella risposta precedente prendo spunto da una situazione se non proprio autobiografica, molto vicina alla mia realtà. Così come l’ambientazione a Limite sull’Arno che è il luogo dove sono nato e vivo tutt’ora. In effetti mi sento molto legato alle mie origini e questo credo che sia evidente leggendo il romanzo.
4) Hai visto Vertigo di Hitchcock? Ti è piaciuto? Che attinenze trovi con il tuo romanzo?
Un bellissimo film, un geniale capolavoro. Lo avevo visto diversi anni fa e l’ho rifatto in questi giorni. Sono riuscito a individuare due diversi tipi di attinenze. Una più chiara e evidente, la ricerca di una persona conosciuta anni prima in un volto incontrato per caso. L’ultima parte del romanzo si basa essenzialmente su questo. L’altra è una curiosità. Io, come il protagonista di “Vertigo”, ho una certa avversione ai luoghi soprelevati, per cui riguardando il film mi è stato facile immedesimarmi.
5) Tu hai sviluppato il tema del “déjà vu” sul piano esistenziale e sentimentale. In quale genere letterario ti collocheresti?
Questa è una domanda difficile. In genere diffido delle etichette. Definire Nebbia sull’Arno soltanto una storia d’amore mi sembra riduttivo, così come inquadrarlo come un romanzo di formazione. È un onirico cercare se stessi e gli altri, un sogno, una fiaba moderna che tenta degli agganci con la realtà. Non so se ci sono riuscito, la risposta definitiva la lascerei ai lettori.