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Le interviste di Bruno Elpis

Intervista a Mariapia Veladiano

Qual è stata la motivazione con la quale ti sei aggiudicata il Premio Calvino? E quali sono, secondo te, i punti di forza del tuo romanzo “La vita accanto”? Per quanto mi riguarda, io ho esposto i miei motivi di apprezzamento alla tua opera nella mia recensione pubblicata sulla testata web i-libri.com

 

La motivazione lunga lunga si trova sul sito del Calvino. In sintesi credo che siano piaciute ai lettori della giuria la storia, originale nel senso di un tema poco frequentato nella narrativa oggi, e la scrittura.

Quali sono le emozioni che hai provato quando hai appreso di aver vinto il premio più prestigioso riservato alle opere inedite di autori esordienti?

Non ci si crede. Era il mio primo tentativo di far leggere qualcosa di mio e davvero non avrei mai pensato. Poi a Torino il contesto del Circolo dei lettori è talmente bello che si è frastornati. La sala grande, che è il luogo in cui avviene la premiazione, ha una solennità che da sola dice il rispetto per quel che capita.

Come sei giunta alla pubblicazione del romanzo con Einaudi?

Dopo il Calvino molti editori hanno proposto la pubblicazione del manoscritto. Con Einaudi ci siamo scelti reciprocamente.

Qual è stata la fonte d’ispirazione della storia? Mi sembra di aver capito che si ispiri a una vicenda vera…

Non esiste Rebecca. Esistono molte Rebecche, al femminile o al maschile. Esistono cioè molte persone che si sentono e spesso sono ai margini dell’esistenza. Non amate, non viste, non considerate nelle relazioni.  Rebecca inizialmente sembra avere una vita difficile perché è brutta. Nel corso della storia si vede che ad essere brutto è il mondo intorno a lei, che non sa avere lo sguardo largo sulla vita e non sa accogliere tutti. Se si sostituisce nel testo l’aggettivo “brutta” con l’espressione “non amata” resta tutto in piedi. Un bambina non amata vive in punta di piedi, non sa dire i propri desideri e così via.

Quando hai appreso che il tuo romanzo avrebbe partecipato al premio Strega, cosa hai pensato?

Ero sorpresa. Poi è stato tutto molto veloce.

Puoi aggiungere qualche dettaglio o qualche curiosità a proposito dei due premi ai quali hai partecipato. Innanzitutto l’esperienza al premio Calvino…

Il Calvino mi ha fatto conoscere un mondo. Di persone poi diventate amiche. Non conoscevo nessuno a Torino quella sera e in poco tempo ho conosciuto persone meravigliose che leggono e leggono e nella selezione che compiono sono assolutamente libere perché tutto è volontariato, tempo dedicato, non ci sono pressioni e il meccanismo stesso, che prevede la rotazione dei lettori, impdisce gruppi di potere. Con loro abiamo parlato sempre di libri, tutta la sera. Bellissimo.

Che aria hai respirato al premio Strega?

Allo Strega tutto accade lontano dagli scrittori, per quel che ho potuto capire. Ma io non conoscevo per nulla i meccanismi.

Qual è la critica più gradita che ti è stata rivolta?

La critica è stata molto generosa con il libro e moltissimo di quello che è stato scritto mi ha commosso. Un momento molto bello è legato al riconoscimento della Società Dante Alighieri, che ha un voto al Premio Strega. Lo ha ricevuto La vita accanto per la scrittura. E’ stato un bellissimo momento.

Dopo il successo del libro, é cambiato qualcosa nella tua vita?

Il libro mi ha portato tanti tanti rapporti. Un numero sorprendente di lettori e lettrici ha sentito il desiderio di scrivermi, di dirmi quel che il libro aveva suscitato in loro. Sentimenti profondi, bellissimi. Mi hanno restituito qualcosa della sacralità della parola scritta, che può far bene e male. Non nel senso moralistico del termine, ma nel senso, semplice, che non passa senza fare qualcosa nelle nostre vite. E bisogna e rispettare questa caratteristica.

Questi riconoscimenti incideranno sul tuo futuro di scrittrice?  Hai già qualche programma di lavoro per le tue prossime opere?

Ho alcuni libri e racconti. Ho sempre scritto. Un secondo romanzo uscirà forse il prossimo anno.

Parlaci del tuo lavoro di insegnante. Come si concilia con la tua attività di scrittrice?

Insegnare è un privilegio. Arriva la vita in classe e si può conoscerla, amarla, custodirla. Arrivano anche i sentimenti, tanti tanti sentimenti. E’ un lavoro faticoso che dovrebbe essere difeso e amato dalle famiglie e dalla società. Bisogna assolutamente favorire l’alleanza fra scuola e mondo. Un tempo c’era. L’abbiamo dissipata in anni di tutti contro tutti, ma questo è male. La scuola è il nostro splendido laboratorio di integrazione sociale e culturale. E’ il luogo delle opportunità per tutti e va difeso.

Cosa ne pensi dell’editoria italiana?

Si pubblica molto e questo è un bene. Spesso quel che vale non riesce a farsi conoscere, perché ci sono meccanismi di vendita molto orientativi. Ma in questi mesi ho scoperto realtà bellissime di gruppi di lettura, di biblioteche, che riescono ad offrire la qualità che magari non si affaccia nemmeno alle classifiche.

Che rapporto hai con Vicenza, la tua città? Io personalmente amo molto le città di provincia italiane, che spesso – oltre ad essere esteticamente apprezzabili - rappresentano una buona mediazione tra i vantaggi di una metropoli e una dimensione “a misura d’uomo”; mi è parso invece di cogliere nel tuo libro una sfumatura a volte assai critica …

Io amo Vicenza e credo che si senta nel libro. Mi piacciono le piazze, i fiumi, gli odori della città. Certo: se si ama si deve dire anche quel che turba, che non va. E’ una storia di provincia, quella che ho raccontato. Ma non credo che esista un luogo geografico che ci salvi dal rischio di essere provincia. Il provincialismo è un atteggiamento dello spirito. Lo si può avere a Milano o a Roma. Del resto, durante le presentazioni del libro ho incontrato persone che dopo aver letto il romanzo hanno deciso di partire in visita per Vicenza e hanno così scoperto una città che non conoscevano. Una bella città, hanno detto.

Quali sono e sono state le tue letture preferite? Quando scrivi, ti ispiri a qualche autore in particolare?

Amo Francesco Biamonti, per la scrittura di poesia. Ogni frase un verso, un’immagine. Bellissimo. Amo poi Calvino, tutto tutto. Maria Bellonci, per la capacità straordinaria di inventare una voce. Non si sa immaginare Isabella D’Este se non con la sua voce. E Marguerite Yourcenar, che ha scritto il libro per me più bello fra quelli che ho letto: Le memorie di Adriano.

Come ti rapporti ad altri ambiti artistici, con la musica per esempio.  Ricordo ai lettori che la piccola Rebecca, protagonista de “La vita accanto”, ha talento per il pianoforte, ha una zia insegnante di conservatorio, un maestro e un’anziana amica pianista … Mariapia, sei anche tu pianista?

Ho suonato per qualche anno il pianoforte e frequentato il conservatorio di Vicenza. Ma ho capito prestissimo che non avevo talento sufficiente per suonare. E allora ho preferito dedicarmi all’ascolto.

“La vita accanto” rappresenta il tuo esordio letterario “pubblico”, ma immagino tu abbia scritto anche dell’altro… Ci vuoi parlare della tua esperienza precedente?

Ho sempre scritto articoli “di servizio” sul Regno, una rivista di attualità religiosa e teologica. Mi sono occupata di chiesa e ambiente, chiesa ed economia, recensioni di libri di teologia. Una bellissima rivista, conciliare, dialogante. E poi ho scritto, parallelamente, sempre: racconti, romanzi. Mai pubblicati. Non ho sentito il desiderio di farlo. Fino allo scorso anno.

Quali sono le doti umane che maggiormente apprezzi negli altri? Ritengo molto significativo che tu abbia scelto il tema del dramma legato a un aspetto esteriore non gradevole …

La capacità di accogliere senza giudicare.

E’ il momento di uno spazio tutto tuo. Sono solito chiudere le mie interviste con “la domanda a piacere”

…La felicità? Camminare leggeri nella vita. Cercare di non ferire. Sapere che è impossibile. Aver vicino chi lo capisce.

Ringrazio Mariapia per la spontaneità e la disponibilità dimostrata nei contatti che hanno consentito di realizzare quest’intervista a ...

Bruno Elpis

http://www.malgradopoi.it/letture-consigliate/intervista-a-mariapia-veladiano-vincitrice-della-xxiii-edizione-del-premio-calvino