Le interviste di Bruno Elpis
Intervista a Lorenzo Mazzoni, autore di “Quando le chitarre facevano l’amore”
- Dettagli
- Categoria: Le interviste di Bruno Elpis
- Scritto da Bruno Elpis
D - Ciao Lorenzo, comincio citandoti: “Senza le coincidenze la vita non sarebbe niente”. Quali sono state le coincidenze che ti hanno condotto a comporre quest’opera?
R – The Love’s White Rabbits. La band è esistita davvero, ci suonavo anche io, eravamo un gruppo di rock psichedelico che “operava” prevalentemente in Emilia negli anni ’90. È stata un’esperienza musicale e umana totale, da tanto tempo mi sarebbe piaciuto scrivere di noi. Poi ho pensato che proiettarci in un decennio più lisergico e consono a quello che noi facevamo, quale fu lo straordinario periodo degli anni ’60, sarebbe stato più entusiasmante. Ecco, The Love’s White Rabbits sono la coincidenza.
D - Cosa rappresenta questo romanzo nel tuo percorso autoriale?
R – Una sorta di maturità. Ho sempre voluto scrivere il romanzo che come lettore avrei voluto trovare in libreria. Seppur ami i miei lavori precedenti credo che in tutti ci siano delle debolezze, vuoi per il ritmo, a volte per la superficialità di certi brani, o per dialoghi che non mi soddisfacevano fino in fondo. “Quando le chitarre facevano l’amore” rappresenta, secondo me, un ottimo lavoro di ricerca, di musicalità, di narrativa popolare di liberazione.
D - La nota biografica della cover rivela che sei nato a Ferrara nel 1974. A cosa risale il tuo interesse per un’epoca nella quale non eri ancora nato?
R – Sono sempre stato affascinato dalla musica, dalla (contro) cultura e dalla storia degli anni ’60. Complice la mia famiglia, il modo in cui mi ha cresciuto. Colleziono dischi di quel periodo, per anni ho letto esclusivamente letteratura di quell’epoca, il mio immaginario estetico è molto “psichedelico”. Era l’epoca del Noi, cosa che per chi vive in quest’era di individualismo sfrenato non può che essere vista con nostalgia.
D - Nella pagina finale, intitolata “A onor di cronaca”, documenti quanto intensa sia stata la ricerca bibliografica tematica che ha supportato il romanzo. Quali sono le letture preferite da Lorenzo Mazzoni?
R – La ricerca è stata più lunga della stesura vera e propria del romanzo. Volevo essere credibile anche sui punti e virgola. Le mie letture preferite, oggi, spaziano da Paco Ignacio Taibo II a Yasmina Khadra, da Graham Greene a Aidan Hartley, da Tom Robbins a Luiz Ruffato, da Brian Gomez a Giorgio Scerbanenco, dagli atlanti geografici alle avventure di Emilio Salgari.
D - “Li finanzio perché credo nella rivoluzione. I loro concerti sono cerimonie di libertà assoluta. Con loro si respira aria pulita. Lo capisci dalle prime note che fanno tutto il possibile per condurre la gente fuori dalle loro teste”. Perché mai affidare a un nazista questo proclama?
R – Siamo davvero sicuri che sia un nazista? E se anche lo fosse mi sembrava grottesco, paradossale, lisergico, da fuori di testa, come lo era l’epoca che ho descritto nel romanzo.
D - E la “Limonata rivoluzionaria all’acido lisergico” esiste realmente o l’acido citrico è incompatibile con quello lisergico?
R – Bella domanda… Ho sentito dire che l’acido citrico non annulla l’effetto dell’acido lisergico. Bisogna dosare il tutto con moderazione, pare, ed essere in compagnia delle persone giuste.
D - Nel tuo romanzo ritroviamo anche gli Hare Krishna. Chissà se esistono ancora…
R – Esistono. Un amico conosciuto ai tempi di The Love’s White Rabbits che viveva in Russia e vagava per l’Europa predicando un bolscevismo un po’ neo hippie, oggi lo si vede spesso per le strade di Bologna vestito d’arancione insieme ad altri Hare Krishna. Vivono sui colli. Sopravvivono a loro stessi.
D - Le pagine trasudano una globalizzazione che oggi è quanto mai attuale: i personaggi sono sempre in movimento e si spostano tra Europa, Centro America, Asia e Stati Uniti. Possibile che questo sia un riflesso di carattere biografico?
R – Senza dubbio. Il viaggio è una componente fondamentale del mio essere privato e pubblico. In tutti i miei romanzi credo si denoti la tipica osservazione di colui che è in movimento. Inoltre in “Quando le chitarre facevano l’amore” compaiono luoghi che io amo molto, su tutti il Vietnam. Certo, il mio Vietnam non è quello della guerra, ma è stata un’esperienza fondamentale nel mio nomadismo.
Ringraziamo Lorenzo Mazzoni per questa simpatica intervista, che aggiunge il punto di vista personale dell’autore alla recensione che pubblichiamo oggi nella home page di i-libri.com
Lorenzo Mazzoni e Bruno Elpis