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Le recensioni di Bruno Elpis

Presentato a Milano "Il Cristo Zen" di Raul Montanari

Un libro di Raul Montanari, Indiana editoreE’ il venti di ottobre. Un’aria fresca, più che autunnale, si abbatte su Milano. Attraverso piazza del Duomo. Imbrunisce sotto la minaccia dell’imminente ritorno all’ora solare che, tra pochi giorni, ruberà altra luce ai nostri occhi. Dopo una giornata di ordinario delirio metropolitano – borse ancora in flessione, declassamenti nei rating delle banche e la notizia della morte del despota di Tripoli, che deflagra – imbocco via Torino. Qui si respira perennemente un’ansia commerciale fittizia che, doppiato il capo di Halloween, scatenerà i suoi insani istinti sul periodo prenatalizio artificialmente allungato, ad uso e consumo delle strategie del post-capitalismo. La città, lo avverto, é percorsa dalle folate della crisi economica stagnante e dai ruggiti di guerre più lontane, in una globalizzazione che ci travolge e frastorna. Ma adesso, quando la mia giornata lavorativa volge al termine, viene il tempo di coltivare la mia passione più autentica. Quella per la lettura. Mi sto recando alla FNAC, angolo via della Palla, ove Raul Montanari presenta il suo ultimo impegno letterario: “Il Cristo Zen” di Indiana Editore.

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Bruno Elpis firma la prefazione alla nuova edizione de "La casa di Sveva"

Sono onorato che gli amici Carlo Santi, editore, e Francesca Panzacchi, autrice, mi abbiano chiesto di scrivere la prefazione a "La casa di Sveva", la cui riedizione viene valorizzata da una nuova, fantastica copertina, che reca la nuova "griffe" (leggasi "logo") di Ciesse Edizioni.

“Quando la sindrome di Stoccolma trasforma la principessa in un ranocchio - In questa lunga fiaba erotico-noir ho ritrovato temi a me molto cari. Di base, lo squilibrio psichico dei due protagonisti; a seguire ..."

Una finestra vista lago di Andrea Vitali

Romanzo di Andrea Vitali edito da GarzantiFacile per un comasco (io lo sono) appassionarsi ai romanzi di Andrea Vitali. Anche questa sua opera, una saga che racconta fatti di tre decenni (il dopoguerra, i fantastici anni sessanta e gli anni settanta), è disseminata di particolari molto significativi per le persone del luogo. Qualche esempio? I riferimenti culinari: dalla caseula agli gnocchi di zucca, dal pollo in gelatina al minestrone con la codega … Oppure la terminologia: slandretta per dire donna di facili costumi, e altre espressioni dialettali ... http://www.qlibri.it/recensioni/discussions/review/id:17991/

Le recensioni di Bruno - "In arte Johnny" di Lorenzo Pompeo

Giovanbattista Cianfrusaglia è il protagonista del libro di Lorenzo PompeoGiovanbattista Cianfrusaglia, figlio di padre auto-tramviere e di madre immigrata dall’ex Unione Sovietica, è un ragazzo come tanti: universitario a tempo perso, passa le sue giornate al bar ove, con lo pseudonimo di Johnny, è al centro di una fitta rete di relazioni, amicali e sentimentali. Queste ultime più romanzate che reali: prima con una colonia di studentesse calabresi (al punto che presto la Calabria diviene per Johnny un autentico campo minato), poi con le badanti rumene.

In questa fase del romanzo, è imperdibile la descrizione del rapporto con la sado-maso raccattata come soluzione dell’ultima spiaggia … Le avventure amorose principalmente (ri)vivono nelle vanterie e nelle rielaborazioni del nostro Jo, sempre alle prese con la giornata ormai impostata del Michelaccio.

La storia racconta l’ultimo bagliore di vita dell’eroe metropolitano, attorno al quale ruotano gli amici Marco, il dandy Gabriele, Nick, Corrado il poeta, Pierino lo spacciatore a tempo perso, Franchino l’idraulico sfegatato laziale … in una Roma dimidiata tra fazioni contrapposte per effetto della fede calcistica.

In modo rocambolesco Johnny entra in possesso di una reliquia: un frammento dello scudo crociato, emblema della prima repubblica frantumatasi. Un cimelio di incalcolabile valore, se si considera che possiede l’improbabile potere di riportare in vita … la mummia di Andreotti.

Notevole il delirio satirico-culturale-cinematografico nel quale Lorenzo narra di una Roma “underground”, fatta di cunicoli metropolitani che si intersecano con le catacombe, ove si aggirano i fantasmi di Fellini e Pasolini.

Particolare è anche la tecnica descrittiva utilizzata: l’espressione di un personaggio è ora Jean Gabin in “Pepé le moko”, ora è lo stesso attore ne “Il porto delle nebbie”.

Ho trovato questo racconto originale, colto, stimolante. Tremendamente e dannatamente malinconico nella fase finale. Perché? Non rispondo, semplicemente attingo all’autore: “Quando un’utopia si schianta contro la realtà, purtroppo la prima finisce sempre per avere la peggio”.