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Le recensioni di Bruno Elpis

Di tutte le ricchezze di Stefano Benni (Malgradopoi)

Stefano BenniStefano Benni ‘lascia il segno’ con il suo ultimo romanzo. “Di tutte le ricchezze”, verrebbe da dire, si impossessa il lettore leggendo questa storia. Che narra di un anziano professore, un po’ strambo, ma alla fine così sensato rispetto alle follie dell’uomo.
Lui, che si chiama Martin, un nome che evoca il ‘martin pescatore’, parla agli animali: all’istrice (“gli istrici parlano con una certa puntuta volgarità”), alla “vecchia volpe dal muso imbiancato”, al cinghiale, alla civetta (“sentinella della notte, i grandi occhi gialli, la sanguinaria cacciatrice”), al corvo (“Nero, col becco giallo e il corvo da pazzo”) alla “strisciante, odiata, reietta biscia, un’esse lustra nell’erba bagnata”, ai “grilli musicisti”, alla capra “con il suo occhio alieno”, al gufo “grande come un drago”, al “grosso e iroso tasso filosofo”, al lupo “grigio, selvaggio, solo”.

istriceIl professore vive in solitudine in un paese sull’Appennino. La geografia dei luoghi è rappresentata da un disegno infantile e, proprio per questo, chiarificatore. Lavora “al suo libro sulla poesia giocosa” e studia vita e opere del “Catena”: “Domenico Rispoli detto il Catena, poeta maledetto morto nel 1933” in circostanze misteriose e in manicomio, lasciando un prezioso autoritratto custodito dal professore.
Ha per amico Vudstok (“La maggior entrata di Vudstok è il piccolo commercio di marijuana, che coltiva in un canneto dietro casa”) e il cane Ombra.
Un giorno, nella casa di fronte alla sua, arrivano due nuovi vicini. Lui “Aldo, pittore e mercante d’arte”. “Lo chiamerò il Torvo”. Lei “Trent’anni, Michelle. Una somiglianza con chi non vi dico.” “Per il professore è già la bionda Principessa del Grano”.
Il romanzo non è la semplice storia di un amore senile (“benedetta vecchiaia … che ti permette di desiderare senza prendere, di ammirare senza sfregiare, di soffrire senza far male ad altri”). ? la storia dei segreti del luogo, che vengono a galla. “Un segreto, almeno uno, deve rimanere. Per la mia immaginazione, per una pagina bianca, per le mie future sere silenziose.
Il linguaggio è animato da pensieri, retropensieri e riferimenti culturali. La storia è raccontata in modo anticonvenzionale, con fughe della fantasia e correzioni (come la cena al ristorante ove il trofeo di un cinghiale si ribella). A volte, ai limiti della mitologia. Come in questa descrizione di un temporale: “Prima fu chimo, la dea della Pioggia e della Bufera, che scatenò la sua orchestra. Poi Selas il dio del Lampo illuminò la scena, e Timpanon, dio del Tuono, fece risuonare i gong celesti. Infine Giove in persona, ritto in piedi sulla montagna più alta, tese l’arco delle folgori.

Bruno Elpis

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