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Le recensioni di Bruno Elpis

Il giro dell’oca di Erri De Luca (qlibri)

cover“Il dado, la figura geometrica del caso” 

Un figlio non nato per decisione della donna, a distanza di quarant’anni (“Quarant’anni, l’età mia che hai deciso di convocare questa sera”), può ben rappresentare un interlocutore per il genitore mancato grazie all’invenzione artistica (“Sto parlando da solo? Sto inventando la tua compagnia? L’invento così forte che la realtà non la può pareggiare. La tua presenza basta qui e stasera a fare la mia paternità”) che ha un potere ontologico (“Sei estratto da me senza intervento di donna”). 

Questo avviene nel romanzo di Erri de Luca: ne nasce inizialmente un monologo che ripercorre incidenti di percorso come l’infarto (“I giorni erano punti di sutura tra la vita di prima, terminata, e la prolunga aggiunta all’ultimo secondo”) e che presto diventa dialogo. 

Padre mancato e figlio potenziale parlano dell’attività di scrittura dell’autore (“La barzelletta è rigida, procede secondo un meccanismo. Mi capita lo stesso rifiuto con i romanzi polizieschi. Ci sento il congegno…”), che rivendica la superiorità della lettura (“Una lettura mi entusiasma, mentre una mia scrittura al meglio riesce a soddisfarmi”). 

Molti i passaggi interessanti, ad esempio cito quello sulle nuove generazioni (“Le generazioni sono cancellature di quelle venute prima”), il loro atteggiamento (“Mi aspetto un’arroganza nuova… Non li vedo piangere neanche al cinema”) e le prospettive (“Brevettano raccolte di plastiche negli oceani, sperimentano spighe feconde nella siccità… Barbari da saccheggio hanno bruciato la terra, l’acqua, incipriato l’aria di polveri mortali. A riscatto stanno spuntando i risanatori”). 

Nella fase finale il dialogo si fa sempre più esistenziale (“Questa notte non potrà essere tolta dal registro delle notti, fare che non sia accaduta”), ma la decisione sembra irrevocabile (“No papà non resto. Domattina al risveglio non mi troverai”). Riuscirà il potere creativo a sventare, sul piano esistenziale, l’agguato del nulla? 

Il gioco dell’oca è una metafora: “Ho un corpo e sono stato al gioco di viverci dentro. Che gioco? Il gioco dell’oca. Si tira un dado e ci si sposta in un circuito a spirale”. 

Lo stile di Erri De Luca è scenografico (“Ci vuole il coraggio della mangusta che si difende dal leone e attacca il serpente a sonagli”), enunciativo (“L’amore… Ossigeno, ossigeno”), etimologico (“Illusione dal latino in ludere, entrare nel gioco… Il suo contrario, delusione, è uscire dal gioco quando finisce”), poetico (“Dentro di me si è inciso e continua a suonare il ritmo binario delle onde, lo scroscio del flusso seguito dallo struscio all’indietro del riflusso”). 

Giudizio finale: ontologico, metaforico, nominalista. 

Bruno Elpis 

https://www.qlibri.it/recensioni/romanzi-autobiografici-italiani/discussions/review/id:64331/