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Le recensioni di Bruno Elpis

Il complesso di Telemaco di Massimo Recalcati (i-libri)

coverIl complesso di Telemaco di Massimo Recalcati affronta un argomento di grande interesse e attualità (“Telemaco… guarda il mare, scruta l’orizzonte. Aspetta che la nave di suo padre – che non ha mai conosciuto – ritorni per riportare la Legge nella sua isola dominata dai Proci…”): il ruolo, la figura, il significato del padre in un’epoca paragonabile alla notte dei Proci (“La condizione dei giovani-Telemaco di oggi è quella dei diseredati: assenza di futuro, distruzione dell’esperienza, caduta del desiderio, schiavitù del godimento mortale, disoccupazione, precarietà. I nostri figli popolano la scura notte dei Proci…”): l’età dell’egotismo (“Il nostro tempo sponsorizza la dimensione feticistica dell’Io come nuovo idolo che ricopre – come accade propriamente nella funzione del feticcio – l’angoscia primordiale legata alla nostra condizione di inermità”) e del peggiore degli edonismi possibili (“In alternativa all’uomo ideologico del Novecento… ciò che lo muove non sono più le grandi passioni ideali, ma la spinta compulsiva del godimento mortale”), un’epoca nella quale i figli hanno smarrito la prospettiva del futuro, vivono la tragedia dell’assenza di desiderio (“Nessuna epoca come la nostra ha conosciuto una libertà individuale e di massa come quella che sperimentano i nostri giovani”), sono vittime degli effetti che le tecnologie producono sui rapporti sociali (“Le amicizie non passano più dalla mediazione indispensabile dell’incontro, ma si coltivano in modo anonimo sui social network”). 

Dopo il figlio Edipo, in conflitto con il padre, dopo e il figlio Narciso ripiegato su se stesso (“Il padre come ideale e il padre come rivale costituiscono i due poli dell’oscillazione tipica del… complesso di Edipo, mentre Narciso non riesce a separarsi dalla propria immagine idealizzata la cui fascinazione lo conduce verso l’abisso del suicidio. La rivalità (Edipo) e l’isolamento autistico (Narciso)…”), la figura del figlio Telemaco (“Telemaco si emancipa dalla violenza parricida di Edipo; egli cerca il padre non come un rivale con il quale battersi a morte, ma come un augurio, una speranza…”) può rappresentare una speranza nella ricostituzione di un rapporto felice tra padre e figlio (“Il padre che oggi viene invocato non può più essere il padre che ha l’ultima parola sulla vita e sulla morte, sul senso del bene e del male, ma solo un padre radicalmente umanizzato, vulnerabile… capace di mostrare, attraverso la testimonianza della propria vita, che la vita può avere un senso”), tra figlio e padre (“La domanda di padre che oggi attraversa il disagio della giovinezza non è una domanda di potere e di disciplina, ma di testimonianza”). 

Il testo è una bellissima analisi, da concludere degnamente con gli splendidi versi di Omero: 

E Telemaco, abbracciando il padre glorioso, versava lacrime fitte. Entrambi avevano voglia di piangere, e piangevano forte, gemendo più degli uccelli, più delle aquile o degli avvoltoi dagli artigli ricurvi a cui i contadini rubarono i piccoli prima che avessero messo le ali. Così pietosamente versava lacrime da sotto le ciglia” (Omero, Odissea, canto XVI) 

Bruno Elpis 

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