Le recensioni di Bruno Elpis
La Sposa giovane di Alessandro Baricco (i-libri)
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- Scritto da Bruno Elpis
Nel romanzo di Alessandro Baricco, “La Sposa giovane” giunge nella casa ove vive la metafisica famiglia del promesso sposo (il Figlio).
L’accoglie il maggiordomo (“Modesto… serve in quella casa da cinquantanove anni, ne è dunque il sacerdote”), che la introduce alle abitudini e ai riti dei familiari (“Il Padre, la Madre, la Figlia, lo Zio”) del grande assente: il Figlio, conosciuto tre anni prima, quando il matrimonio venne rimandato in attesa che la Sposa giovane raggiungesse la maggiore età.
La ragazza si addentra così nei meccanismi di una convivenza soggiogata da una grande paura (“Da centotredici anni, va detto, tutti sono morti di notte, nella nostra famiglia”), che viene esorcizzata con quotidiano senso di sollievo nelle immense colazioni, alle quali seguono le altre fasi della giornata (“Quando le incombenze del giorno erano finite e già si annunciava il tradizionale fuggi fuggi serale”).
Le viene detto che il Figlio è in Inghilterra (“Ecco. Il Figlio è in Inghilterra. Ma del tutto provvisoriamente. Nel senso che tornerà?”), ma questa assenza nasconde un mistero (“Disse che il Figlio era sparito”), dissimulato con invii di oggetti (“le spedizioni inglesi”) che sembrano preannunciare un imminente ritorno in quel nucleo ove vigono alcune regole:
“Ci sono delle regole…
… la prima… temere la notte.
… secondo: l’infelicità non è gradita.
… lei legge libri? … Non lo faccia.
… il Padre porta un’inesattezza nel cuore… Non si aspetti da lui distrazioni da una generica, necessaria pacatezza. Né le pretenda…”
Durante l’attesa, la Sposa giovane conosce anche nell’intimità la Figlia storpia, l’incantevole Madre (“La leggenda della Madre”), la fragilità (“Qualcosa di irreparabile si era scheggiato nel suo muscolo cardiaco, quando ancora era ipotesi in costruzione nel grembo della madre, e così era nato con un cuore di vetro…”) e il ruolo del Padre (“Mi sforzo di mettere in ordine il mondo… Non dico il mondo intero, ovviamente dico quella piccola porzione di mondo che mi è stata assegnata”). Per penetrare le mistificazioni dietro alle quali si nasconde un’altra realtà: il Figlio non è figlio, lo Zio non è zio…
Quando la famiglia - secondo una cadenza annuale – deve partire per la villeggiatura (“Particolare cura era riservata al prezioso rito di lasciare, disseminati per casa, gesti interrotti: sembrava essere sicura garanzia del fatto che si sarebbe tornati a completarli”), la Sposa giovane ottiene di rimanere a casa, perché sente che il Figlio deve arrivare (“Pensò che il Figlio sarebbe davvero tornato se solo lui avesse permesso a quella ragazza di aspettarlo veramente”).
Il campanello suona, ma è un falso allarme.
L’epilogo è all’insegna dei corsi e ricorsi storico-familiari.
Riedizione dei “Sei personaggi in cerca d’autore” di Pirandello (nella nomenclatura dei protagonisti, nella funzione svolta dal bordello) e in parte ricalcando la trama del “Teorema” di Pasolini (al pari dell’ospite di Teorema, anche la Sposa giovane conosce sessualmente tutti i componenti della famiglia), “La Sposa giovane” mantiene la propria autonomia sviluppando con originalità i temi del materialismo erotico (“Stava insegnandomi che sono i corpi a dettare la vita… non conosco storia… che non sia iniziata nella mossa animale di un corpo – un’inclinazione, una ferita, una sghembatura, alle volte un gesto brillante, spesso istinti osceni che vengono da lontano… I pensieri vengono poi, e sono sempre una mappa tardiva, a cui attribuiamo, per convenzione e stanchezza, una qualche precisione. Probabilmente era ciò che il Padre aveva in mente di spiegarmi, facendo il gesto apparentemente assurdo di portare una ragazzina in un bordello…”), del soggettivismo (“Abbiamo questa forza incredibile con cui diamo un senso alle cose, ai luoghi, a tutto: eppure non riusciamo a fissare nulla, torna tutto subito neutrale, oggetti presi in prestito, idee di passaggio, sentimenti fragili come cristallo”) e della precarietà esistenziale (“Nella ripetizione dei gesti fermiamo il mondo: è come tenere per mano un bambino perché non si perda”).
Lo stile abbonda di virtuosismi, di sperimentalismi letterari, di spericolate interpretazioni autoriali (“… Scrivendo della Sposa giovane mi succede di cambiare più o meno bruscamente la voce narrante, per ragioni che lì per lì mi sembrano squisitamente tecniche, e tutt’al più blandamente estetiche, con l’evidente risultato di complicare la vita al lettore, cosa di per sé trascurabile, ma anche con un fastidioso effetto di virtuosismo…”) sulle quali incombe l’atmosfera ansiogena dell’attesa (“Dite a mio figlio che la notte è finita”).
Bruno Elpis