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L'ombra. Una parabola, un racconto di Edgar Allan Poe

TolemaideE’ straordinario come, in due sole pagine, si possa condensare una miscela davvero esplosiva. Più del tritolo.
Il protagonista di questo racconto è Oinos. Ha un nome che, in greco antico, significa “vino”.
Sappiamo che Poe si è autodistrutto con l’alcool. Probabilmente anche sotto l’effetto dei fumi dell’ebbrezza, il suo spirito artistico ha creato autentici capolavori. Come questo, che parla di un conciliabolo di sette (un numero magico e ricorrente nell’autore) amici, che vegliano il cadavere di un defunto.

Leggono i versi di Anacreonte, poeta antico che la leggenda vuole accanito bevitore, e gustano il vino di Chio con un’allegria che mal si addice alla situazione luttuosa.
Fuori, a Tolemaide, città assediata da una pestilenza, la morte impazza.
Poi un’ombra si materializza, si stampa su una superficie della stanza a partire dal sudario del cadavere e viene interpellata.
L’ombra replica e nella risposta gli astanti riconoscono una moltitudine di voci: quelle degli amici morti.
Ho letto il racconto ripensando a una mia esperienza personale. Ho conosciuto lo stesso senso di oppressione e terrore durante una seduta spiritica. Inizialmente l’avevo affrontata con beffarda incredulità. Ma poi la situazione mi ha incuriosito e mi sono immedesimato nelle rivelazioni che, nel corso della seduta, si sono manifestate. E ho dovuto abbandonare la catena, perché mi sentivo mancare per l’emozione. Il mio cuore assediato dall’autosuggestione è impazzito e ho dovuto uscire dalla camera, per riprendermi.

Continua: Ombra. Una Parabola. Racconto di Edgar Allan Poe